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Alla Direzione Dl il ministro denuncia gli accordi a tavolino

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Lo fa durante la direzione che deve sancire la ritrovata armonia tra le varie anime del partito e approvare il regolamento congressuale in vista dell'appuntamento che darà il via libera alla costruzione del Partito Democratico. Lo fa mettendo il dito in una piaga, quella del tesseramento, che in queste settimane ha creato non pochi problemi a Francesco Rutelli. Il ministro della Famiglia riveste i panni della «pasionaria» e parte lancia in resta. «Ci sono troppe ombre sul tesseramento - dice prendendo la parola davanti alla direzione - deve essere rifatto». Ma non si ferma qui. La Bindi, che alcuni partecipanti all'incontro descrivono come «molto arrabbiata e polemica», continua il suo ragionamento. «Dobbiamo scindere la parte del congresso che prevede di eleggere gli organigrammi del partito, da quella che deve dar vita al Partito Democratico - spiega -. Entro la primavera ci dovrà essere un'assemblea rappresentativa del partito che si pronunci in favore dalla nascita del Pd. Parallelamente, nel giro di tre mesi, andrebbe rifatto il tesseramento e celebrato un congresso che elegge gli organismi del partito. È con questi ultimi che si dovrà andare all'appuntamento del nuovo soggetto». Se non verrà accettata la sua «operazione trasparenza», Bindi propone in alternativa una modifica al regolamento congressuale: «Gli iscritti che si recheranno a votare ai congressi comunali dovranno pagare la quota di iscrizione per il 2006». Le parole del ministro mettono in fibrillazione la platea. Tutti sono convinti che sarebbe una «pazzia» rifare completamente il tesseramento. Tocca al coordinatore del partito Antonello Soro, dopo un faccia a faccia con il ministro, bocciare seccamente la proposta. «Una riapertura del tesseramento non ci darebbe alcuna garanzia sulla possibilità che si possano ripetere fenomeni patologici - spiega Soro -. L'unica garanzia è, invece, quella di tenere rapidamente congressi trasparenti per rimettere in corsa le dirigenze territoriali e poi tenere un congresso nazionale che si misuri su un processo che va oltre il nostro partito. Ripartire da zero, come suggeriva Bartali, è una frase bella ma irrealistica. I problemi piuttosto vanno governati con il buon senso». Anche Dario Franceschini invita il ministro a ritirare la propria pregiudiziale e, alla fine, la «pasionaria» cede. È lei stessa a spiegare la sua retromarcia: «Ho deciso di accogliere l'invito di Franceschini a rinunciare alla mia pregiudiziale solo perché sono state accolte le richieste che avevo avanzato per un percorso congressuale più democratico, più trasparente e più partecipato. Non mi sarei mai limitata ad una semplice presa d'atto di un'intesa frutto di un accordo costruito a tavolino». Ma nella maggioranza del partito c'è chi bolla il comportamento del ministro come «un tentativo di uscire dall'isolamento in cui si trova». «È venuta in direzione - dice un deputato Dl molto vicino a Rutelli - convinta che si sarebbe andati allo scontro. Quando ha visto che non era così ha lanciato questa proposta incredibile. È stata una reazione all'isolamento in cui si è trovata. Voleva fare la prima della classe invece ha scoperto di essere l'ultima». Chi conosce il ministro, però, è pronto a giurare che la sua battaglia non finisca qui. Dopotutto, già due settimane fa, Bindi si era scagliata contro la gestione del partito ipotizzando addirittura una sua mozione in vista del congresso. «Certo non delego nessuno a rappresentarmi nelle cene, cui non partecipo perchè sono a dieta» aveva detto in un'intervista al Corriere della Sera facendo esplicito riferimento al «summit di casa Rutelli» a cui avevano partecipato esponenti delle varie anime della Margherita. Dopotutto non è la prima volta che la «pasionaria» Dl si batte sola contro tutti. Era già successo nel maggio del 2005 durante l'ormai famosa assemblea federale che sancì la frattura tra i parisiani e il resto del partito che bocciò l'idea di presentare la lista unitaria dell'Ulivo nell

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