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Gianfranco Fini sulla Finanziaria «In Parlamento daremo battaglia»

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Il Congresso? «Al momento non serve». Il partito unitario? «Se a sinistra fanno il Partito democratico, a destra ci sarà un'accelerazione. E io voglio che Alleanza Nazionale non subisca il processo di unificazione. Ma lo guidi». La piazza? «Prima l'opposizione in Parlamento. Poi i cortei. Altrimenti si perde in credibilità». Gianfranco Fini può dirsi soddisfatto. Ieri, l'assemblea nazionale di An ha approvato la sua risoluzione, quella che avvia la nuova fase del partito. Lo ha fatto a stragrande maggioranza. O, come dice Franco Servello, fresco 85enne successore di Domenico Fisichella alla presidenza del parlamentino interno, «all'unanimità meno qualche astensione». Francesco Storace, l'unico colonnello critico verso la svolta, alla fine si dilegua. Abbandona l'assise al momento della votazione finale. Poco prima aveva annunciato: «voteremo la risoluzione domenica prossima a Fiuggi». Il riferimento è alla convention dell'associazione «dDestra». Luogo dove l'ex ministro della Salute terrà a battesimo il «correntone nero». L'opposizione interna. Circostanza che non turba Fini. Il presidente di An cita Confucio. «Noi indichiamo l'adesione al Ppe come obiettivo finale. Qualcuno guarda il dito». Quel qualcuno è Storace. A lui, l'ex ministro degli Esteri dedica diversi passaggi della propria replica. Ma le sue preoccupazioni vanno altrove. Ritiene il momento della destra epocale. «Come a Fiuggi. Però quella volta fu più facile: eravamo la novità della politica italiana. Ora la strada è in salita». In una fase post-ideologica, è il ragionamento finiano, la battaglia è sui valori. «Noi dobbiamo mettere in campo politiche coerenti con i nostri valori. Fare emergere la destra sommersa presente nella società italiana». Fini passa poi al secondo obiettivo. L'Udc. «Il nostro problema non è la leadership della coalizione. Noi tentiamo di volare un po' più in alto». Altra citazione. L'omaggio stavolta è al pensiero tradizionalista. Roba da album di famiglia. Il discorso arriva al tema dell'identità nazionale. Fini parla del «tramonto dell'occidente» da scongiurare. «La paura dell'altro c'è quando non sappiamo più chi siamo». Torna il discorso della finanziaria. E della piazza. Le agenzie di stampa stanno battendo la notizia di un Berlusconi pronto a manifestazioni in tutte le città. Il presidente di An si tiene abbottonato. «In piazza ci andremo solo se non riusciremo a modificare la finanziaria. Ne va della nostra credibilità». L'ex vicepremier si dedica poi alle questioni interne al partito («ci vuole un nuovo metodo per selezionare la classe dirigente») e al Secolo d'Italia. «Nessuno vuole chiudere il nostro giornale», precisa. «Ma va ripensato». Storace accetta la sfida delle citazioni. E menziona il poeta greco Kostantinos Kavafis. «Questo partito è ancora casa nostra?», chiede a Fini dal palco. Poi attacca: «L'identità non è un elemento museale. Destra non significa nostalgia. La nostra storia va rivendicata. Non lasciata alle caricature». Sceso dalla tribuna, l'ex governatore si accende una sigaretta. «Fini deve imparare a rispettare non solo Bertinotti, ma anche il suo partito. Mentre parlavo l'ho visto sbuffare». Il dissenso storaciano, tuttavia, non fa proseliti tra gli altri colonnelli. L'ex alleato Gianni Alemanno ora sta con Fini. «La prospettiva del partito unico non mi entusiasma. Ma c'è una destra diffusa cui dare una risposta. Stavolta, però, non sarà una esperienza improvvisata come quella dell'elefantino».

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