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L'Idv si astiene sul ddl al Senato Scontro con Mastella

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L'ex pm contro il ministro della Giustizia. Lo scontro tra i due esponenti del governo Prodi sembra essere ormai diventato una costante di questa legislatura. I due si erano divisi duramente a luglio durante il dibattito sull'indulto. Avevano fatto pace due settimane fa, nel corso della festa dell'Italia dei Valori a Vasto. Ieri sono tornati a scontrarsi e, stavolta, non è una cosa da poco. È successo che, durante il voto del ddl Mastella che sospende gli effetti della riforma Castelli dell'ordinamento giudiziario, mentre era in votazione l'articolo 5 (che prevedeva l'entrata in vigore del testo il giorno dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), la maggioranza è andata sotto. Con la sua bocciatura, quindi, il ddl avrà efficacia dopo 15 giorni dalla pubblicazione. In questo modo, però, il provvedimento difficilmente verrà approvato dalla Camera prima del 28 ottobre quando i magistrati dovranno fare la scelta definitiva tra giudici e pm. Così quella che, dall'Unione, è considerata la «parte peggiore» della riforma Castelli entrerà in vigore. Ma a pesare non è solo la sconfitta (a palazzo Madama la maggioranza ha sempre sofferto) quanto il fatto che, stavolta, c'è un «mandante» preciso. In quel 154 «no» a 153 «sì», infatti, c'è lo zampino di Antonio Di Pietro. Tre dei quattro senatori dell'Italia dei Valori Nello Formisano, Giuseppe Caforio e Fabio Giambrone, infatti, si sono astenuti (al Senato l'astensione vale come voto contrario) con il chiaro obiettivo di affossare il provvedimento. Il capogruppo Nello Formisano è stato esplicito. «E chi dice che la maggioranza non era stata avvisata? - si è chiesto dopo il fattaccio - Venti minuti prima del voto avevo parlato con il ministro Mastella. Non ci hanno fatto votare, con un artificio regolamentare (sono stati dichiarati improponibili ndr), tre emendamenti a mia firma sull'articolo 4 del provvedimento che erano migliorativi del testo. A quel punto abbiamo deciso di non votare. Questa riforma non ci piace. Noi avevamo proposto l'abolizione dell'intera riforma Castelli». Mastella, però, stavolta non sembra disposto a lasciar passare. «Usque tandem Catilina abutere patientia nostra... la pazienza è finita mi sono rotto i coglioni di Di Pietro» ha commentato a caldo. Ma poi è andato ben oltre le offese verbali. «Il ministro Di Pietro chiarisca con il presidente del Consiglio i motivi del suo comportamento - ha detto -. Non si può andare avanti così. Altrimenti l'Udeur presenterà una mozione di sfiducia e così il governo cade perché l'opposizione voterà la mozione». Insomma, stavolta, non si tratta di un semplice screzio, in gioco ci sono le sorti dell'esecutivo. Tanto che il premier è intervenuto direttamente. Mentre Mastella si avviava dal Senato alla Camera per fare il punto con i suoi, ha ricevuto una telefonata di Prodi. «Il 28 ottobre - ha spiegato Mastella - entra in vigore la riforma Castelli che obbligherà i magistrati a fare una scelta se fare i giudici o i pm. Di Pietro mi sta creando un problema con i magistrati. Vedi tu di chiarire con lui...» Nel frattempo, a Montecitorio, il capogruppo dell'Udeur Mauro Fabris chiedeva al Presidente del Consiglio di riferire in Parlamento «sulle intenzioni del governo su questo provvedimento e sul futuro». E Di Pietro? Il ministro delle Infrastrutture ha interrotto un vertice del suo partito a Bologna per lanciare il guanto di sfida: «Mi volete sfiduciare? Fatelo». Poi ha duramente critica la scelta del governo di non sospendere la riforma Castelli, ma di cedere alla «strada degli accordi trasversali». Vada come vada lo scontro dovrà trovare una conclusione entro oggi quando l'Aula di Palazzo Madama sarà chiamata a dare il via libera al ddl. E, mentre il suo partito ha già pronta una mozione di sfiducia individuale, Mastella ha lanciato l'ultimatum: «O Prodi convince Di Pietro a votare la riforma, così come concordato con gli alleati, oppure sarà l'Udeur a prendere atto che la maggioranza non esiste».

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