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Il caso di Cesare Scoccimarro

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Immobile da 8 anni «Nonostante tutto preferisco vivere»

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Cesare comunica con il solo movimento degli occhi, individuando una per una su una tabella le lettere che compongono le diverse parole. Così ha scritto una lettera aperta pubblicata sul suo sito (www.conoscicesare.org) e rivolta al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Io - spiega - sono nelle stesse condizioni di Welby, il respiratore non mi accompagna da qualche mese ma da più di otto anni, anni senza il più piccolo movimento, senza la più corta parola, senza il più minuscolo boccone da deglutire. Uguali, fisicamente, forse. Ma io e Piergiorgio abbiamo una profonda differenza: la posizione riguardo a questa nostra vita, uguale nei fatti, diversa nell'anima». «Io - ribadisce Cesare, che da sempre vive a Milano - voglio vivere, la mia battaglia è quella di far capire alle persone, al mondo, alle istituzioni che la sclerosi laterale amiotrofica non è una malattia che uccide dopo una media di tre anni, o meglio, lei lo farebbe pure, ma c'è chi come me glielo impedisce. Perché con la tracheotomia, la sonda nello stomaco, e un'adeguata assistenza, si può vivere ancora molto. La Sla ti uccide se glielo concedi, ti uccide se i medici non ti informano che puoi continuare a vivere, ti uccide se non puoi scegliere consapevolmente cosa davvero vuoi fare». Cesare afferma di rispettare «la scelta di chi, come Gianluca Signorini o Luca Coscioni, ha ritenuto «opportuno» non continuare a vivere», e di Piergiorgio Welby, «perché vuole porre fine a una vita che non gli appartiene più. Ma, altrettanto - prosegue -, chiedo che venga rispettata la mia scelta di vivere dignitosamente, a casa mia. Ecco il senso: morte opportuna e vita dignitosa. Ma vita dignitosa significa essere accudito 24 ore al giorno, perché accanto a me deve sempre esserci qualcuno, che mi aspira la saliva, che mi broncoaspira, che mi sposta mani e piedi, che accende la tv, che mi legge il giornale, che sappia comunicare con me, che muovo solo gli occhi. E tutto questo ha un costo, molto molto elevato, 6 mila euro al mese per le 4 persone che mi assistono e si alternano. Da anni chiedo che le istituzioni rispondano ai miei bisogni e a quelli delle persone che, come me, vogliono continuare a vivere». «Il mio silenzioso urlo - conclude - rivendica la vita, e non la pura sopravvivenza, tecnica e in condizioni spesso precarie, come molti sono costretti a subire». Il caso di Cesare Scoccimarro dimostra che la questione è molto più complessa di quanto possa apparire a un primo sguardo. Le richieste che vengono dai malati sono assai diverse. Di fronte alla richiesta di eutanasia che viene da Piergiorgio Welby, c'è il caso di Cesare che vuole avere semplicemente maggiore attenzione da parte delle istituzioni.

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