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Il ddl «Mastella» divide i magistrati

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Al centro delle critiche la disposizione che ordina ai pm di distruggere le intercettazioni illegali (disposte fuori dal controllo dell'autorità giudiziaria, come quelle Telecom) dopo aver redatto un verbale sul contenuto. Il decreto prevede che in nessun modo — e questo è un altro aspetto molto criticato — il contenuto di queste intercettazioni possa essere utilizzato in una indagine. «Ho una riserva sulla distruzione immediata — dice il pm milanese Armando Spataro — sarebbe meglio che le intercettazioni illegali fossero conservate in un archivio privato perché se, ad esempio, dopo un po' di tempo spunta fuori un "pentito" che fornisce ulteriori informazioni sull'organizzazione che operava gli ascolti o su reati dei quali si parlava nelle registrazioni, i giudici non hanno elementi per riscontrare le sue affermazioni. E credo che solo quanto riportato nel succinto verbale previsto dal decreto possa non essere sufficiente». Pure l'ex presidente dell'Anm Edmondo Bruti Liberati, pm a Milano in Corte d'Appello, pensa che sia «tutto da valutare un decreto che rischia di portare alla distruzione tutto e subito, su decisione del pm presa senza controllo del giudice» «Pollice verso» sul provvedimento anche dal pm romano Giuseppe Cascini, nome di punta nelle inchieste sul calcio e sulla criminalità economica. «È un decreto completamente sbagliato e inutile dal momento che — spiega — le intercettazioni illegali sono già proibite dalla legge che, già adesso, vieta di diffonderle». L'unico a condividere il decreto sembra essere il segretario dell'Anm Nello Rossi, giudice in Cassazione, che non vuole assolutamente sentir parlare di utilizzabilità delle intercettazioni abusive. «Abbiamo un sistema processuale che cestina intercettazioni disposte dai giudici solo perché c'è un vizio di forma e mi stupisce sentire che ci sono giudici che vogliono fare un qualche uso di materiale totalmente criminale».

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