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di GIANNI DI CAPUA IL suo silenzio è stato il più pesante di tutti.

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Niente un soffio da parte del vicepremier, sebbene l'altro numero due del governo, Francesco Rutelli, s'è limitato a soffermarsi sul futuro dell'azienda. D'Alema non ha detto nulla, ma sono in tanti a immaginare il suo disappunto. S'è parlato anche di una telefonata con il Professore con la quale il capo della delegazione governativa del principale partito di maggioranza avrebbe chiesto le dimissioni di Rovati, il consigliere di Prodi che ha inviato a Telecom un progetto di ristrutturazione. Non ci sono smentite nè conferme. Fatto sta che prodi compie una conversione di 180 gradi sulla sua linea. Due giorni fa ai giornalisti che gli chiedevano se sarebbe andato in Parlamento aveva risposto: «Ma siete matti?». Ieri ha pronunciato altre parole: «Il governo annuncerà martedì (domani, ndr) nelle conferenze dei capigruppo di Camera e Senato la propria disponibilità a un'informativa urgente da parte dei ministri ai quali compete la responsabilità sul settore delle telecomunicazioni». «È interesse del Paese - si legge in una nota - interrogarsi sul futuro dell'industria delle telecomunicazioni italiane e della sua impresa più rilevante. Telecom Italia, infatti, opera in un settore di vitale importanza per il paese, sia per gli aspetti tecnologici che per i servizi che eroga ai cittadini e imprese. Tali servizi contribuiscono a determinare la capacità di innovare e competere dell'Italia». «Per questo il governo - si legge ancora - annuncerà martedì nelle conferenze dei capigruppo di Camera e Senato la propria disponibilità a una informativa urgente». Ma respinge al mittente le accuse di dirigismo che arrivano dal centrodestra, pur evitando di rispondere direttamente agli attacchi di Silvio Berlusconi. Il premier è all'ultima tappa del viaggio in Cina e a Pechino, puntuale, è arrivato anche il caso della settimana. E così, durante un ricevimento all'ambasciata italiana, a tenere banco è ancora e sempre la stessa vicenda. Trapela anche una certa irritazione per l'atteggiamento dei partiti dell'Unione (in particolare la Margherita), che in questi giorni e nelle ore più calde, quando l'amico consigliere Angelo Rovati era sotto l'occhio del ciclone per il piano di riassetto Telecom, non hanno fatto quadrato attorno al leader. Tutt'altro. Prodi si sveglia a Tianjin, centro portuale a un'ora e mezzo di machina dalla capitale, prosegue negli incontri ufficiali, ligio al serratissimo programma della visita. Nel pomeriggio il trasferimento a Pechino e in serata l'appuntamento dall'ambasciatore. Quando gli ospiti, circa duecento, sono arrivati al dolce, ecco che l'ufficio stampa distribuisce ai giornalisti la nota. Prodi sottolinea, qualche minuto più tardi, che il dibattito deve svolgersi il prima possibile. Sarà il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, e forse insieme a lui il titolare dello Sviluppo Pierluigi Bersani, a presentarsi in Parlamento. Fonti di Palazzo Chigi affermano che non si tratta di un cambio di rotta: semplicemente, osservano, il premier aveva risposto così perché c'era il riferimento a Rovati. Ieri, invece, nell'entourage del Professore c'è la convinzione che, dopo le dimissioni di Marco Tronchetti Provera, la bufera sia più lontana. Che Camera e Senato, insomma, non si concentreranno sul «piano Rovati», ma sul caso Telecom. Con l'intervento del governo in Aula, osservano le stesse fonti, «si riporta nel giusto alveo, quello parlamentare, il senso di un dibattito che aveva preso derive pericolosissime». Detto questo, si apprende anche che Rovati ha intenzione di chiarire il proprio pensiero una volta tornato a Roma. «Lui è una persona - assicura chi gli sta a fianco - che ha forte il senso del dovere e del proprio ruolo, così come del suo onore e della sua pulizia. Quindi cercherà di capire cosa è successo e deciderà cosa fare». Per ora non si parla di dimissioni, ma tutte le ipotesi, quindi anche quella di un passo indietro, restano aperte.

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