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Fini con il Cav: «Stiamo uniti»

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Gianfranco Fini non molla Silvio Berlusconi. Anzi, da Mirabello (il paesino in provincia di Ferrara dove ogni anno Fini fissa le priorità della ripresa autunnale), il leader di An si schiera apertamnete con l'ex premier. al punto da rilanciare anche il partito unico: «Sono certamente all'ordine del giorno le modalità, così come forme di collaborazione tra i partiti della Cdl. Un soggetto unitario del centrodestra è un punto di arrivo, un passo verso quella direzione penso si possa e si debba fare». Richiamando l'immagine manzoniana dei «polli di Renzo», Fini di fronte alle ultime polemiche innescate dall'Udc spiega che non ha senso «battibeccare», e non vuol sentirsi chiedere se è preoccupato per le ultime dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini. «Preoccupazione - ha ribattuto - è un termine francamente sbagliato. Dobbiamo discutere tra di noi. Non ho dubbio alcuno sul fatto che Casini voglia rappresentare anch'egli un'alternativa al governo di centrosinistra. Si tratta di discutere se in questa fase sia opportuno o meno. Credo che non sia opportuno porre un problema come quello della leadership che non è all'ordine del giorno. Sia per realismo politico, perchè si è votato alcuni mesi fa e i risultati elettorali sono a dimostrazione di quale sia la forza dei singoli partiti della coalizione, ma soprattutto perché il nostro elettorato ci chiede di essere uniti». Sulla possibile spaccatura che potrebbe venirsi a creare in seno alla Cdl sul Libano, Fini, che in mattinata aveva fatto il punto con Berlusconi, ha sottolineato: «Mi auguro se ne possa discutere con gli amici dell'Udc che non hanno alcuna intenzione di aiutare il governo Prodi. Il nostro voto sul Libano - ha poi sottolineato - dipende dall'onestà intellettuale del governo che attualmente non c'è. Abbiamo detto in commissione esteri, e lo ha ribadito il presidente Berlusconi, se la maggioranza, se il governo non riaffermano con decisione che le missioni militari italiane sono tutte missioni di pace, non soltanto l'Unifil in Libano, ma anche quelle in Afghanistan e in Iraq, non ci sono le condizioni per un nostro voto favorevole. È vergognoso e mistificatorio che qualcuno nella sinistra dica che i nostri soldati vanno in Libano per costruire la pace, e in Iraq o in Afghanistan, quando governava il centrodestra, per fare la guerra». Ma quella che Fini chiama «operazione verità» spazia a tutto campo, passa dalla politica estera a quella economico-finanziaria, al tema dell'immigrazione, del lavoro e della sicurezza. «Quando abbiamo fatto la riforma delle pensioni hanno gridato alla macelleria sociale - ha affermato - ora lancio una sfida ai sindacati. Li voglio vedere in piazza e se non ci andranno, dimostreranno di aver da tempo lasciato l'interesse dei lavoratori e avere più a cuore l'interesse della sinistra. Se mettono le mani sulla legge Biagi - ha detto Fini - chiameremo a raccolta gli italiani. E se riterremo di andare in piazza lo faremo. L'alternativa al contratto a termine non era il contratto a tempo indeterminato, era il lavoro nero e lo sfruttamento». Tra le «varie sorprese» del governo di centrosinistra ha citato poi «l'ulteriore inasprimento delle tasse sulla casa». «Cosa vuol dire ribaltare gli estimi catastali? Significa Ici più cara». Fini ha poi definito «preoccupante» l'ipotesi del ministro dell'Interno di portare a cinque gli anni per ottenere la cittadinanza.

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