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Epifani e Bonanni «Sulle pensioni Prodi peggio di Maroni»

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La «luna di miele» tra governo e sindacati, se mai c'è stata, è già finita e per il Professore si preannuncia quello che in gergo viene definito come un «autunno caldo». Per la verità che qualcosa non andasse lo si era già capito prima della pausa estiva quando il Dpef, unito alle esternazioni di alcuni ministri, aveva messo in preallarme Cgil, Cisl e Uil. Ora che le linee principali della Finanziaria sono state presentate, però, la situazione si è fatta più seria I sindacati, infatti, temono che la manovra avrà gravi ripercussioni sulla tenuta dello stato sociale. Inoltre non sono affatto convinti dall'ammorbidimento a 30 miliardi e, soprattutto, temono le dichiarate intenzioni dell'esecutivo di intervenire sul capitolo delle pensioni e le indiscrezioni su tagli nella sanità e nel pubblico impiego. Così, ieri, ne hanno approfittato per dire la loro. Il più «duro», paradossalmente, è stato proprio il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. «Così si andrà allo scontro» ha detto in un'intervista a Repubblica. E non si è fermato qui. Epifani, infatti, ha criticato duramente anche il ritorno ad una «vecchia politica dei tagli» e si è spinto ad affermare che sulle pensioni «la proposta di questo governo finisce per essere peggiore dello scalone di Maroni». Tesi condivisa anche dal segretario della Cisl Raffaele Bonanni che, però, lascia la porta aperta al dialogo. «Troppe parole in libertà, troppe proposte in libertà - ha detto intervistato dal Tg5 -. Noi siamo disponibili ad un confronto che alimenti la concertazione, se no non andiamo d'accordo. Siamo disponibili a discutere di innalzamento dell'età, ma vogliamo la libertà di scelta». «Col Governo - ha aggiunto - di pensioni non abbiamo ancora parlato aspettiamo di essere convocati. Ma non ci piacciono queste discussioni continue su un tema che riguarda tante persone». Secondo Bonanni poi, se il Governo cerca un equilibrio dei conti del sistema previdenziale «deve pescare nei 100 miliardi di evasione contributiva». L'attacco frontale dei due leader sindacali, però, ha obbligato l'esecutivo a fare una parziale marcia indietro. Così, dal ministero del Lavoro, ci si è affrettati a precisare che «è destituito da fondamento» l'innalzamento a 62 anni della pensione di anzianità, mentre si starebbe studiando l'ipotesi di rendere flessibile lo scalone con disincentivi per chi vuole uscire dal lavoro prima dei 60 anni. Un'ipotesi subito bocciata dalla Uil. «Sono favorevole solo agli incentivi. Ai disincentivi sono contrario» ha replicato il segretario generale Luigi Angeletti, ribadendo anche il no del sindacato alla revisione dei coefficienti prevista dalla legge Dini e non smentita dal ministero del Lavoro. «Le pensioni sono già basse - ha aggiunto -, non si possono ridurre». Dal fronte sindacale la posizione è compatta anche per quanto riguarda le critiche all'entità della manovra e all'intervento di Bruxelles. Il boom del gettito, dicono Cgil e Cisl, è tale da consentire un taglio ben superiore ai 5 miliardi annunciati. Intanto, iniziano ad arrivare i primi annunci di mobilitazione. «Sulle pensioni la reazione dei sindacati sarà compatta perché sono in gioco i diritti dei lavoratori» ha avvertito il segretario dell'Ugl, Renata Polverini, che ha bollato l'intero impianto della manovra come «ingiusto» e ha parlato di un «clima intollerabile nei confronti dei più deboli». La Fiom, invece, ha annunciato che se saranno confermate le misure per la Finanziaria «la mobilitazione unitaria dei metalmeccanici sarà necessaria». La Confederazione unitaria di base ha già annunciato uno sciopero generale in autunno ed ha mobilitato il comparto del pubblico impiego per protestare contro la preannunciata chiusura di 300 sedi provinciali.

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