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L'ex ministro delle Comunicazioni Landolfi contro espropri e ineleggibilità

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Se si fa una legge sul conflitto di interessi con riferimento al capo del governo in carica, è una questione di democrazia. Se questa legge opera discriminando il capo dell'opposizione si mina l'essenza stessa della democrazia. E dimostrerebbe che, più che un conflitto d'interessi, esiste in seno alla sinistra un evidente interese al conflitto...». L'ex ministro delle Comunicazioni ed ex presidente della Commissione di vigilanza Rai Mario Landolfi, di An, interviene nella polemica sul conflitto d'interessi esplosa tra maggioranza e minoranza e tra l'«ala sinistra» del centrosinistra e quella moderata. Per Berlusconi si profila il rischio dell'esproprio? «Se si rende incompatibile la proprietà di Mediaset da incarichi politici si teorizza proprio l'esproprio, che a mio avviso presenta seri profili di incostituzionalità». Voi avete fatto una buona legge? «Sì. Credo che regoli bene la questione. Noi l'abbiamo fatta perché c'era un conflitto che riguardava il capo del governo. Perché ora la sinistra la vuole rivedere o farne un'altra? Ritiene la nostra debole? Rispetto a cosa? La verità è che non tutta, ma una parte della maggioranza è mossa da intenti punitivi». Prodi sembra aver fretta di fare questa legge. Perché? «Non mi sembra una priorità del Paese. La fretta di Prodi fa parte di quello schema politico che vede il presidente del Consiglio particolarmente sensibile alle richieste della sinistra più radicale». Ma il Cavaliere non è più premier... «Infatti. Una norma sul conflitto d'interessi è democratica se si fa rispetto al presidente del Consiglio. È invece contro l'essenza stessa della democrazia se l'obiettivo è il leader dell'opposizione governativa». Qualcuno sostiene che l'ex premier ha continuato a «gestire» le sue tv attraverso i figli. È vero? «Il conflitto d'interessi si deve verificare in concreto. Non può esistere una legge che regoli in astratto e per l'eternità la materia, da padre in figlio, e così via...Tutto ciò sottende una volontà che mi sembra pericolosa». Qual è l'obiettivo? «Mettere l'ex premier e attuale capo dell'opposizione nell'impossibilità di fare politica». Il giornalista Marco Travaglio sull'Unità sostiene che, in caso di conflitto, bisognerebbe arrivare all'ineleggibilità. Condivide questo pensiero? «Penso che nessuno possa essere espropriato del frutto del suo lavoro. Berlusconi non è il padrone delle ferriere. È l'azionista di riferimento della tv commerciale italiana. Mediaset è quotata in borsa. Di conseguenza, è scalabile». La legge Gasparri supera l'ostacolo del duopolio Rai-Mediaset? «Oggi chi vuole fare televisione può farla anche se non ha gli impianti. Chi produce contenuti, infatti, può utilizzare il 40% della capacità trasmissiva delle reti private e pubbliche sul digitale terrestre. Insomma, chi ha il software può disporre dell'hardware». E la pubblicità, non è un limite all'accesso al mercato tv di nuovi soggetti? «La legge non può distribuire la pubblicità. La regola il mercato». Nei cinque anni di governo della Cdl, però, a fronte di una crescita di ascolti Rai c'è stato un aumento della raccolta pubblicitaria di Mediaset a danno dell'azienda pubblica. Come si spiega? «È semplice. La Sipra, la concessionaria di pubblicità di viale Mazzini, ha raccolto meno di quello che poteva raccogliere. Ed è stato un problema assolutamente interno alla Rai». Roberto Villetti, capogruppo della Rosa nel Pugno alla Camera, «boccia» la proposta di Travaglio e chiede un blind trust. È d'accordo? «La nostra legge somiglia molto a un blind trust. Non c'è un "fondo cieco", cioè un gestore indipendente. Però c'è l'allontanamento della gestione di chi rappresenta il conflitto d'interessi. Villetti fa bene a porre la questione politica rispetto a Travaglio. Ma è anche la prova che esistono pulsioni punitive da parte di una sinistra ossessionata da questo tema».

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