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I dissidenti di Rc non si accontentano mai

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«Assisi sostiene la missione in Libano»

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Per questo motivo noi non parteciperemo»: tra i pacifisti c'è anche chi dice «no». In particolare, i parlamentari del Partito di Rifondazione Comunista Salvatore Cannavò, Gigi Malabarba e Franco Turigliatto hanno espresso il loro dissenso, nei confronti della manifestazione che muoverà i propri passi verso Assisi perché, dicono, si è trasformata in un appoggio alla missione militare in Libano. Il corteo, che si snoderà in direzione della cittadina umbra e patria di San Francesco, si svolgerà oggi e vedrà la partecipazione - oltreché di esponenti politici - anche di protagonisti del mondo dello spettacolo come Fiorella Mannoia e Ottavia Piccolo. Ma per quale motivo gli esponenti di Rifondazione non parteciperanno alla manifestazione? A spiegarlo è Gigi Malabarba (Prc): «In tutta l'area del Medioriente non si può pensare di dividere - anche sul piano pratico, militarmente parlando - la questione palestinese da quella libanese. Infatti - ha continuato - la marcia di Assisi non fa altro che rafforzare la missione militare. Inoltre in questa maniera si rischia di far sì che non ci sia una equidistanza tra i due contendenti ma, anzi, il pericolo che si corre è quello di schierarsi: a favore di uno o dell'altro contendente. E parlo soprattutto della situazione italiana, perché ci riguarda più da vicino e perché, in questo conflitto, ci troveremo a essere parte attiva». E se con le armi non si riesce a ottenere nulla, l'unico strumento che rimane è la diplomazia: «Il dialogo è l'unica soluzione, per costruire ponti e non muri e per evitare che, la questione palestinese, possa diventare una strada senza uscita. Forse bisognerebbe seguire il consiglio di un parlamentare mediorientale: scegliere tre saggi tra le personalità più rappresentative dell'intero paese che facciano la spola tra le parti in conflitto e che riescano, in questa maniera, a tessere quelle relazioni che sono state messe in discussione nelle zone di guerra. La nostra presenza in Israele verrà vista come una invasione di tipo militare, piuttosto che come una missione di pace. La dimostrazione sono state le missioni militari nei Balcani: è incredibile quindi il livello di tensione che si è venuto a creare in quella zona, dopo gli anni trascorsi in uno stato di guerra: alle porte bussava un conflitto tra etnie diverse. In modo particolare nel Kosovo nei confronti delle minoranze. In quel caso la vicenda si svolse sotto il controllo di un governo di centrosinistra. La diplomazia avrebbe instaurato al contrario altri generi di relazioni, viaggiando sopra le parti, andando aldilà delle singole fazioni locali».

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