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Giovani in delirio: «Regalaci un sogno»

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Cori da stadio e slogan al suo ingresso: «Chi non salta comunista è»

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Il servizio d'ordine delle «magliette» cielline fatica a «governare» la folla che si accalca agli ingressi del salone A1. L'auditorium della fiera di Rimini, che ha 7000 posti a sedere, è strapieno. Tutti vogliono vedere, ascoltare, acclamare e, se possibile, toccare «l'uomo della provvidenza», come Silvio Berlusconi ricorda che lo definì Don Giussani, il fondatore di Cl. Quando arriva, è puro delirio. L'ex premier attraversa velocemente la sala, salutato da cori da stadio completi di «po-popoppo-popo» di mondiale e recente memoria, applausi scroscianti, fischi e urla euforiche, tamponandosi il sudore con un batuffolo d'ovatta. Poi si siede, sorride e saluta i ragazzi di cielle che rispondono saltando e cantando «chi non salta comunista è». È un tributo senza sosta al Cavaliere che ha scelto il meeting per far ritorno sulla ribalta della politica. Con una sola eccezione: quando il leader della Cdl parla di brogli elettorali, molti ragazzi di don Gius storcono la bocca e disapprovano sottovoce la sua ennesima «tirata» sui conti che non tornano. «È malato, ha un brutto colorito, la voce rauca», aveva annunciato il tam-tam dei cronisti che lo avevano visto arrivare al Grand Hotel. «Il meeting mi ha addirittura guarito, stamattina avevo 38 di febbre e un grande raffreddore, non riuscivo nemmeno a parlare», dirà poi lui alla fine dell'incontro con i giovani. E i giovani esultano quando spiega di essere «condannato a continuare» a guidare il centrodestra. «Se non lo avesse detto saremmo intervenuti per sostenerlo — spiega uno dei 70 ragazzi del motore azzurro che indossano una "polo" bianca con la scritta "Silvio forever" — Siamo venuti qui per "caricarlo". Ma abbiamo visto che, dopo le vacanze, è già carico di suo...». Infatti, quasi ogni sua frase è accompagnata da un'ovazione, tanto da interromperlo. Alla fine un gruppetto di ragazzi sale in piedi sulle sedie per rendere visibili cartelli e striscioni: «Non ci toglieranno mai la libertà», si legge su uno; «Silvio regalaci un sogno: Ronaldinho al Milan», invoca un altro. Silvio non commenta. Sorride ancora. Si aggiusta i capelli. E se ne va.

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