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«L'Europa intervenga con una legge»

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Il vicepresidente della Commissione Esteri in Senato: «Rafforziamo il controllo sul mare»

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Ma come nelle dichiarazioni di Amato, mi sembra difficile risolvere il problema senza il contributo dell'Unione Europea. Il dramma dell'immigrazione supera di gran lunga i confini italiani». C'è bisogno di una legge europea? «L'Europa dovrebbe farsi carico di questo problema coordinando la polizia, creando operazioni congiunte per far fronte alla tragedia di migliaia di poveretti sbattuti in mare». In termini pratici? «Vuol dire creare rapporti importanti con i paesi del nord Africa. Accordi ora deboli». Per esempio? «I rapporti tra l'Italia e la Libia, un paese che ha fatto finta di non sapere che cosa accadesse in realtà. Noi dal canto nostro abbiamo fornito gommoni, navi guardacoste, elicotteri. Ci hanno chiesto, come sanatoria, un'autostrada di tre miliardi di euro». Fa riferimento alla Libia, perché? «Perché bisognerebbe rafforzare le capacità di controllo sul mare e... noi gli abbiamo regalato due guardacoste, 4-5 elicotteri, strutture tecnologiche per la segnalazione tempestiva». E cosa è successo? «Che c'è stato imbarazzo - soprattutto nell'opinione pubblica - visto che, la Libia, è un paese molto più ricco di noi. Dal porto partono navi tunisine cariche di immigrati che arrivano dall'Africa intera». Un buon trampolino per l'Italia? «È la fine dell'imbuto, laddove l'imbuto rappresenta l'Africa stessa». Il tentativo di frenare l'immigrazione, un esperimento che è riuscito? «Ai tempi dei clandestini che arrivavano dall'Albania... alla fine siamo riusciti a bloccare i flussi». Calderoli (Lega) ha paragonato l'Italia a un cavallo di Troia per l'Unione Europea. Si trova d'accordo? «Non ha tutti i torti. Basta guardare la cartina geografica. Il territorio marocchino è blindato, la Francia è lontanissima, la Grecia altrettanto. E noi assomigliamo a una portaerei». Perché l'immigrazione è un problema di dimensioni europee? «Perché non è detto che queste persone, poi, rimangano in Italia. Si spostano in Francia, scelgono la Germania». E l'emergenza umanitaria? «Capisco che l'opinione pubblica sia molto toccata da questioni di tipo umano ma, l'immigrazione "via mare", rispetto ai flussi che attraversano l'Europa è un problema ridotto: siamo sull'ordine del 15%». Praticamente quali dovrebbero essere i punti cardine della legge? «Si accolgono quelli che si possono accogliere. Distinguere tra immigrazione legale e illegale, giurare sulla bandiera e sulla Costituzione». La Bossi-Fini ha bisogno di qualche ritocco? «Va aggiornata ma nei principi è condivisibile. Nessuno la mette più in discussione, tranne qualche anima pia che è rimasto ancora dell'idea che "aggiungi un posto a tavola che c'è un amico in più" possa essere un principio condivisibile». Quanti anni ci vogliono per "diventare italiani"? «10 anni sono troppi, 5 troppo pochi. Credo che 7 anni sia un periodo ragionevole».

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