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di SILVIA SANTARELLI «UNA maggioranza così esigua indebolisce l'azione di governo, è evidente».

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Così ha parlato ieri Franco Marini, al Meeting di Comunione e Liberazione. A Rimini, il presidente del Senato è costretto ad ammettere le difficoltà della maggioranza che sostiene il governo Prodi, che pure - secondo Marini - sono causate in primo luogo da una legge elettorale «pessima», che va cambiata al più presto. Però il problema resta. Governare con una maggioranza così ridotta è un'impresa, che il presidente del Senato sente tutta, per questo qui a Rimini ieri pomeriggio ha speso tutto il suo intervento, che apriva ufficialmente gli incontri politici del Meeting, per avviare il dialogo con l'opposizione. Forse anche di più, se è vero quello che dice Maurizio Lupi, deputato di Forza Italia da sempre molto vicino a Cl: «Con questo intervento Marini ha fatto la scaletta di un eventuale governo post-Prodi». E in effetti il presidente del Senato - pur smentendo qualsiasi indiscrezione circa una sua candidatura alla successione del Professore a Palazzo Chigi - magari alla guida di una grande coalizione, si è schierato decisamente in favore di un'apertura verso l'opposizione. Davanti al pubblico attento di Rimini, Marini si è diffusamente soffermato a elencare i temi su cui un dialogo con il centrodestra è possibile. Per ora il presidente del Senato non vuole parlare di altro che di un dialogo culturale. Però si dovrà passare presto a qualcosa di più concreto, e il presidente Marini ne è consapevole. Gli appuntamenti importanti incombono e già a settembre c'è lo scoglio - che può diventare una montagna - della Finanziaria. Il tempo per trovare accordi con l'opposizione almeno su certi provvedimenti non possono essere troppo dilatati. Per ora, comunque, si parte dal dialogo culturale. Quello c'è già è quello tra cattolici con storie diverse ma radici comuni. A Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, che da padrone di casa lo accoglie non certo come nemico ma, nella tradizione di Cl, con pragmatica attesa, il presidente del Senato rivolge un solidale «noi cristiani». E per tutto il suo intervento cerca radici comuni e temi su cui il mondo cattolico pur nella sua varietà può sentirsi uno. Sulla bioetica, tema tanto delicato e tanto sentito, dice che il dialogo è possibile se si rinuncia alle posizione più ideologiche. Sull'immigrazione Marini dice che è impossibile «non riconoscere il ruolo essenziale dei lavoratori extracomunitari nella nostra vita e nella nostra economia» e su questo i cattolici tutti non possono vederla tanto diversa, anche se stanno con il centrodestra. Poi il presidente Marini insiste sull'educazione e su questo tema riscuote forse l'applauso, uno dei pochi, più sentito quando dichiara che per rilanciare la scuola italiana bisogna partire dalla «rivalutazione del ruolo dell'insegnante». E anche sul federalismo si muove da cristiano, si dice disponibile a rivedere la riforma del Titolo V fatta dal centrosinistra, però puntando a non dimenticare la «solidarietà tra regioni più ricche e quelle più povere». Marini insomma ci prova ad essere un buon cattolico che sta dall'altra parte ma che si sente vicino al popolo di Rimini. Ricorda di quando nel '77 da giovane dirigente della Cisl partecipò a una manifestazione all'Università di Roma in solidarietà ad alcuni giovani di Cl che erano stati aggrediti da gruppi estremisti, un primo incontro ancora sentito. Ricorda la sua lunga, lunghissima, militanza nella Dc, cita De Gasperi che ante litteram riconosceva il valore fondamentale della sussidiarietà all'opera dello stato delle organizzazione cattoliche, e il priore Enzo Bianchi. Cerca di accreditarsi Marini come cattolico aperto e dialogante, non ha bisogno di creare, gli basta richiamare la memoria dei presenti. Il pubblico sta a sentire, senza grande entusiasmo, però contestazioni non ce ne sono. È lontano lo scompiglio causato l'anno scorsa dall'allora presidente del Senato Marcello Pera e il suo attacco al meticciato culturale e il richiamo alla scontro di civiltà. Quello di Marini è un dis

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