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D'Alema non si pente: riandrei a braccetto con Hezbollah

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Nuove contestazioni a Palazzo Chigi sulle foto della visita del ministro degli Esteri tra le rovine di Beirut

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Ma ne è valsa la pena. Il vicepremier e ministro degli Esteri ha respinto le polemiche e puntualizzato: «mettendo in conto costi e benefici, il costo di una fotografia, che può aver irritato e ferito, con il beneficio di un atto di solidarietà al popolo libanese, io credo di aver fatto bene e di aver agito in modo positivo anche interpretando un sentimento positivo diffuso nel nostro Paese. E comunque giudicheranno gli elettori». L'occasione per dire la sua e rispondere a quanti anche oggi gli hanno rinfacciato un atteggiamento troppo amichevole con un esponente di Hezbollah, è venuta a D'Alema durante il lungo incontro con le Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, subito dopo il Consiglio dei ministri che ha presentato una mozione sull' impegno italiano in Libano con i caschi blu dell'Onu. «È un po' difficile andare in Libano e non incontrare Hezbollah», ha ironizzato D'Alema rivolgendosi ai parlamentari e respingendo con forza la definizione di «passeggiata» usata da alcuni in riferimento alla sua visita tra le macerie dei quartieri sciiti della capitale libanese. Ad ascoltare D'Alema ieri c'era anche Gianfranco Fini, suo predecessore alla Farnesina, dal quale non sono mancate pesanti frecciate: «Spiace constatare che Hezbollah gode della solidarietà anche del ministro degli Affari Esteri D'Alema. Mi dispiace - ha rilevato il leader di An - prendere atto che accanto a tradizionali solidarietà, quali quelle di Siria e Iran, in questo momento Hezbollah, che non è solo ma anche un' organizzazione terroristica, gode anche della solidarietà del Ministero degli Esteri Italiano». La presunta solidarietà del Governo nei confronti di Damasco e Teheran perde consistenza di fronte ai diversi atti parlamentari che testimoniano il contrario, come sottolineato da D'Alema stesso nella replica alle Commissioni. La spiegazione del capo della diplomazia italiana non ha convinto l'ex ministro dell'Interno Beppe Pisanu (FI), ma neanche il leader dell'Udc, Casini che gli ha rimproverato una mancanza di «cautela». Commentando le parole di D'Alema, Pisanu ha osservato: «ne prendiamo atto. Se ci fosse stato un gesto anche nell'altra direzione, forse nessuno avrebbe mosso critiche». E ancora oggi critiche sono giunte dalla comunità israelita romana. Ripercorrendo con la memoria le fasi della contestata visita tra le macerie di Beirut sud, D'Alema ha ricostruito l'episodio: «i bombardamenti erano terminati da appena tre ore e mezza e in quel contesto era difficile poter effettuare una selezione delle persone che mi si trovavano vicino». Ma al di là della querelle suscitata da uno scatto fuori programma, resta la sostanza politica della linea italiana verso Hezbollah. E su questo punto D'Alema è stato chiarissimo: «Hezbollah mi sembra difficilmente liquidabile come un gruppetto terroristico essendo un movimento di natura assai complessa. Hezbollah - ha incalzato il ministro - è innanzitutto un partito politico che gode di un vasto consenso democratico, di una robusta rappresentanza parlamentare e che fa parte del governo di quel Paese che le Nazioni Unite dicono che dobbiamo sostenere».

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