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Critiche a «baffino»

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a braccetto con gli integralisti

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Ma è anche un'«emblema» di amicizia, vicinanza e condivisione. E quella foto scattata a Beirut il 14 agosto del nostro ministro degli Esteri sottobraccio a un deputato di Hezbollah agli ebrei italiani non è proprio andata giù. Come con hanno apprezzato (per usare un eufemismo) le dichiarazioni «equivicinanti» di Massimo D'Alema sul breve ma sanguinoso conflitto israelo-libanese, perché sono considerate ambigue e non invece di chiara condanna del terrorismo integralista. «Incredibilmente a braccetto con un ministro che rappresenta un'organizzazione nemica della pace e non solo di Israele!», tuona il vicepresidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici. L'immagine ritrae D'Alema durante la sua visita nella capitale libanese «a braccetto» con Hussein Haji Hassan, deputato degli Hezbollah. Ma, come dicevamo, anche le affermazioni del responsabile della Farnesina hanno lasciato l'amaro in bocca a Pacifici. «Gli ebrei - spiega il rappresentante della comunità capitolina - guardano non solo con preoccupazione ma con indignazione alle dichiarazioni dal Medioriente di D'Alema che non ha mai messo in evidenza che il nemico dei popoli amanti della liberta e della democrazia è Nasrallah. Così come il fatto che i luoghi colpiti da Israele, dai quali partivano i razzi contro lo stato ebraico, erano una sorta di scudi umani di depositi di armi condannati dallo stesso Kofi Annan. E questo il nostro ministro degli esteri durante la sua visita in mezzo alle macerie avrebbe potuto constatarlo di persona». Pacifici si chiede perché «il nostro responsabile degli Esteri, che ha voluto constatare l'effetto dei bombardamenti di Tsahal, non ha avuto la stessa solerzia, durante il suo viaggio nello stato ebraico, di andare a verificare di persona gli effetti dei missili di Nasrallah nel nord di Israele?». Pacifici si augura che la visita di D'Alema «sia stata dettata non solo dalla volontà di assicurare garanzie e immunità dei nostri soldati, ma anche di garantire la sicurezza del confine israelo-libanese. Per questo mi auguro che l'attesa decisione del prossimo Consiglio dei ministri sull'invio delle truppe italiane avvenga - sottolinea ancora - con chiarezza e senza alcuna ambiguità. Se gli obiettivi della missione italiana fossero quelli delle forze radicali presenti nel governo, si rischierebbe di cambiare gravemente gli scopi della Risoluzione 1701 dell'Onu che prevede tra le altre cose il disarmo della forza terroristica di Hezbollah. Una sinistra radicale quella nostrana che, nonostante l'ideologia nazista e le aspirazioni a cancellare Israele da parte di Nasrallah, continua a tifare per Hezbollah. Facciamo appello alle forze democratiche del governo nonchè alla capacità di vigilanza dell'opposizione affinchè - conclude Pacifici - siano rispettate l'amicizia e le relazioni con uno stato amico come Israele». E la reazione dell'opposizione non si è fatta attendere. Anzi, anche da esponenti della coalizione giungono commenti critici. «Il ministro D'Alema aveva aperto questa fase politica usando l'espressione equivicinanza. E già appariva assai discutibile definirsi equivicini o equidistanti tra la democrazia israeliana da una parte e le organizzazioni terroristiche che avevano aperto il conflitto dall'altra. Ora, sembra proprio che di quella equivicinanza sia rimasta solo la vicinanza ad Hezbollah - afferma il segretario di Radicali italiani Daniele Capezzone - Per questo mi paiono giustificate le critiche e le perplessità che vengono dalla Comunità ebraica». Per il vicepresidente dei deputati Udc Maurizio Ronconi «la posizione di D'Alema chiaramente anti-israeliana è inquietante e ingombrante per la missione italiana in Libano. Nel dibattito parlamentare - prosegue Ronconi - c'è da capire se la linea di D'Alema è anche quella del governo perchè nel caso ci troveremmo di fronte ad una virata in politica estera che richiederebbe un confronto a tutto campo e la stessa missione in Libano acquisirebbe un significato diverso, molto di parte e poco neutra

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