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L'ex ministro azzurro: «Sul Libano si discuta in Parlamento»

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Si prospetta una missione difficile e quindi è opportuno che il governo faccia la massima chiarezza sull'operazione. Se non è possibile convocare il Parlamento almeno la discussione avvenga nelle commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato». Claudio Scajola, ex ministro di Forza Italia e ora presidente del Copaco, indica come irrinunciabile il passaggio parlamentare per la decisione sulla missione in Libano. Fermo restando che Forza Italia «saprà dare tutto il suo appoggio alla missione di pace». Ma le regole dell'ingaggio devono essere chiare. Non solo Libano. L'esponente azzurro riflette anche sul rapporto con gli alleati a partire dall'Udc e sulla riorganizzazione di Forza Italia. Si discute sulla possibilità di larghe intese, lei ci crede? «Francamente, no. In un altro paese, in altre condizioni, con un'altra sinistra, sarebbe stato normale che - dopo elezioni che si sono concluse sostanzialmente alla pari - si ragionasse sulla possibilità di un governo di grande coalizione, come è accaduto in Germania, e come Berlusconi aveva immediatamente proposto. La sinistra ha lasciato cadere quella proposta, illudendosi di poter governare contando su numeri parlamentari risicatissimi e andando avanti a colpi di fiducia. A questo punto, è la maggioranza di centro-sinistra a dover dimostrare la propria autosufficienza». In caso di crisi di governo, si dovrebbe andare al voto o a un governo tecnico o di larghe intese? «Bisogna restituire la parola agli elettori per scegliere un governo che abbia un programma coeso. Ma poiché non si potrebbe certo andare a votare immediatamente, credo possibile formare un governo a termine con il compito di affrontare i nodi più significativi e urgenti del Paese». Il ministro Mastella ha detto che il centrodestra non è l'unico schieramento portatore dei valori cattolici, lei cosa ne pensa? «I fatti dimostrano che i principi fondamentali del cristianesimo - il valore sacro della vita, la famiglia - sono difesi da noi nel centro-destra. I cattolici che militano nella sinistra dovrebbero farsi un esame di coscienza e valutare il grado di coerenza fra i comportamenti del governo che sostengono e i valori cristiani». Quali sono secondo lei i momenti in cui il governo Prodi non ha saputo farsi espressione delle istanze del mondo cattolico? «Nella sinistra prevalgono in generale toni e sensibilità "alla Zapatero", con le quali non capisco come i cattolici possano riuscire a convivere: in materia di ricerca sulle staminali; sul riconoscimento delle coppie di fatto; sulla libertà di insegnamento, sulla riforma della fecondazione assistita». È in atto, secondo lei, un'operazione di pescaggio di consensi da parte del centrosinistra nel mondo cattolico? E come può la Cdl arginarlo? «In realtà mi sembra che sia il mondo cattolico nel centrosinistra a vivere un forte disagio. E non mi pare proprio che questa maggioranza possa esercitare qualche attrattiva sui cattolici». C'è una fuoriuscita di parlamentari di Forza Italia verso la Margherita o l'Udeur? «No, per due motivi. Perché conosco bene Forza Italia: i parlamentari azzurri sono tutti persone serie che non tradirebbero il patto con gli elettori. E perché sarebbe strano che qualcuno cercasse di salire su una nave che sta affondando. Anzi, molti avranno la tentazione di scappare da una barca piena di falle che a fatica riesce a stare a galla». Sulla Finanziaria è possibile un accordo con la maggioranza o sarà opposizione senza sconti? «Se una maggioranza di governo non è in grado di portare avanti in modo autosufficiente una politica estera e una politica economica, significa semplicemente che il governo è senza maggioranza. Da parte nostra, la Cdl si comporterà responsabilmente presentando alcuni emendamenti qualificanti sui quali possa confluire una maggioranza parlamentare». Se il centrosinistra ha i suoi problemi di compattezza anche la Cdl non è da meno. Come si configura il rap

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