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La Finocchiaro: «È l'ultima volta Così non va»

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Ma Prodi non replica e tira dritto. E preferisce prendersela con Berlusconi: «Silvio parla di governo tecnico? È agosto, lasciamolo sperare». Ma il Senato è in fermento. La prima a stoppare il governo su un eccessivo ricorso alla fiducia è stata la capogruppo dell'Ulivo al Senato Anna Finocchiaro. «Questo - ha detto l'esponente della maggioranza dopo l'approvazione del decreto legge sulle missioni all'estero a palazzo Madama - sarà il nostro ultimo voto di fiducia. Tra sei mesi non rivoteremo un rifinanziamento alle missioni estere se le cose non cambiano. Dobbiamo trovare un modo - aggiunge - per cui senza strumentalità possa accadere che su questioni di interesse nazionale opposizione e maggioranza votino insieme. Non possiamo inseguire l'emergenza con la fiducia, ma si deve cercare di ragionare insieme, maggioranza e opposizione. Siamo stati costretti a questa fiducia perché se non l'avessimo posta il dissenso dei pochi sarebbe stato trattato dalla Cdl come una prova della fine del Governo». Sulla necessità di «riportare l'uso fiducia a livello fisiologico» si pronuncia anche il presidente del Senato, Franco Marini, durante l'incontro con la stampa parlamentare. «Il ricorso eccessivo al voto di fiducia - spiega la seconda carica dello Stato - crea tensione perché toglie momenti anche aspri di dialettica ma toglie anche momenti di confronto. L'esercizio del voto di fiducia è un diritto costituzionale del governo che si può esercitare ma sarebbe positivo se politicamente si facesse ogni sforzo per riportare l'uso di questo strumento a livelli fisiologici. Non c'è dubbio - conclude - che la dialettica parlamentare sia aspra. Però qualche volta si esagera. Non c'è dubbio che un ricorso eccessivo alla fiducia crea tensione perché toglie momenti di dialettica aspra ma anche di confronto». Gli fa eco il ministro della Difesa Arturo Parisi mentre in aula al Senato va in scena l'ennesimo braccio di ferro tra maggioranza e opposizione. «No - sbotta - non possiamo andare avanti con i voti di fiducia». Anche per il presidente della commissione Difesa del Senato, Sergio De Gregorio (Idv) «è ora di finirla. Sul provvedimento di rifinanziamento delle missioni italiane si poteva evitare una rissa. Che senso ha discutere di allargamento delle maggioranza quando è in gioco la credibilità internazionale del Paese. Mentre Rutelli - aggiunge - invita Berlusconi a dibattere in pubblico sul futuro dell'Italia altri non accentano i suoi voti su un provvedimento che dovrebbe unire tutti nel dimostrare solidarietà alle forze armate». Ironico sulle richieste di fiducia a raffica, il senatore a vita Giulio Andreotti. «È legittimo, certo, porre la fiducia - dice - però un poveretto può trovarsi in una condizione difficile, perché se vota contro vuol dire che non intende fare applicare il meccanismo di aiuti e di atti quasi dovuti. Pertanto, innovando un pò la prassi e fermo restando che è legittimo porre la questione di fiducia, voto con grande entusiasmo il testo sul rifinanziamento delle missioni all'estero, mentre per il resto, per quello che riguarda la fiducia, spero che un giorno mi venga». Difende la richiesta di fiducia su tempi scottanti come quello del rifinanziamento delle missioni militari, il vicesegretario dell'Udeur Antonio Satta: «È stata una fiducia necessaria - spiega - perché in politica estera serve una risposta di compattezza immediata della maggioranza, nonostante la presenza di sensibilità diverse. Certo - aggiunge - noi come moderati auspichiamo il dialogo in futuro con l'opposizione e, soprattutto, ricordiamo a tutti i membri dell'Unione, che c'è un programma stilato, con accordi ben precisi, dai quali non devono esserci defezioni». Ugualmente favorevoli al ricorso alla fiducia in casi specifici, i senatori del Pdci. «Abbiamo chiesto esplicitamente al governo di porre la fiducia» ricorda la senatrice Manuela Palermi, presidente del gruppo Verdi-Pdci. «Nessun atto di prepotenza. Non c'era il rischio di non avere la maggioranza dei voti; qui - sottolinea Palermi

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