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Dal rapimento agli arresti: tre anni avvolti nel mistero

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Poi le accuse di torture al centro dell'inchiesta della magistratura. Nel mirino il ruolo della Cia e del Sismi. E quello del governo italiano che ha sempre negato tutto. Ecco le tappe della vicenda. 17 febbraio 2003. In pieno giorno viene rapito in via Conte a Milano, Hassan Mostafa Osama Nasr (detto Abu Omar), egiziano, classe 1963. L'ex imam della moschea milanese di via Quaranta e del centro di cultura islamica di viale Jenner viene caricato su un furgone e scompare nel nulla. Abu Omar dall'11 febraio 2002 era sotto indagine perché sospettato di aver legami con organizzazioni islamiche estremiste. Gli veniva contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale. L'indagine aperta dalla procura milanese - sulla base di testimonianze e intercettazioni - individua in alcuni agenti della Cia gli autori del rapimento dell'imam che, sequestrato a Milano, viene portato alla base militare di Aviano - e qui torturato - e poi spedito in Egitto, nelle carceri di Mubarak (e qui, nuovamente, seviziato). Gennaio 2004. L'allora ministro dei Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi sostiene in Aula che «i nostri servizi segreti non erano a conoscenza dell'operazione». Aprile 2004. Dalle intercettazioni di telefonate alla moglie dell'imam, Nabila, si scopre che Abu Omar è stato rilasciato, anche se in libertà vigilata. 25 giugno 2005. Il gip Chiara Nobili accoglie parzialmente le richieste di arresto del procuratore Armando Spataro nei confronti di 22 agenti della Cia accusati di aver portato a termine una «forcible abduction"». Dopo tutti i passaggi tecnici i sequestratori vengono dichiarati latitanti e vengono avviate le ricerche. 23 dicembre. L'allora ministro Roberto Castelli, investito della questione dell'estradizione, chiede la disponibilità di tutti gli atti di indagine per studiarli. Aprile 2006. «Camminavo per le strade di Milano il 17 febbraio 2003, quando un uomo dai tratti americani mi ha fermato e chiesto il passaporto, quindi altre persone mi hanno bloccato alle spalle e costretto a salire su una macchina, mettendomi un sacco di plastica in testa». Questo il racconto del rapimento che avrebbe fatto lo stesso Hassan Mustafa Osama Nasr, alias Abu Omar, davanti ai giudici della Corte d'appello del Cairo. 12 aprile. Castelli comunica al procuratore generale di Milano, Mario Blandini, la sua decisione di non presentare la domanda di estradizione dagli Stati Uniti d'America e di diffusione delle ricerche all'estero formulata dalla procura della Repubblica di Milano e relativa al procedimento penale che vede indagati i 22 agenti della Cia. 11 maggio. Palazzo Chigi - in risposta ad alcune inchieste giornalistiche che evidenziano il coinvolgimento del governo e del Sismi nella vicenda Abu Omar - ribadisce l'«assoluta estraneità» del governo e dei Servizi segreti italiani nel sequestro di Abu Omar. 12 maggio. L'allora ministro della Difesa, Antonio Martino, ribadisce «l'assoluta estraneità del Governo e del Sismi rispetto al sequestro di Abu Omar, rapimento che non coinvolge ad alcun titolo nè l'esecutivo nè il Servizio, nè direttamente nè indirettamente». 7 giugno. Il relatore dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa Dick Marty denuncia l'esistenza di una «rete» di Paesi coinvolti nelle detenzioni e trasferimenti di presunti terroristi da parte della Cia ed elenca sette Stati membri del Consiglio d'Europa, fra i quali figura l'Italia, che potrebbero essere ritenuti responsabili, a vari livelli, per aver violato i diritti di determinati individui e partecipato a tali operazioni. 5 luglio. Su richiesta della procura milanese finiscono in manette il numero 2 del Sismi, Marco Mancini e un altro militare italiano. L'accusa è di concorso in sequestro di persona.

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