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Si vota alla Camera Ma i «ribelli» non si arrendono

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L'esito della votazione a Montecitorio sarà comunque un segnale per capire se la maggioranza di centrosinistra resterà compatta o avrà bisogno dei voti di supporto del centrodestra. In questo caso - come ha anticipato il presidente della Repubblica Napolitano - si aprirebbe un problema veramente difficile per l'esecutivo del Professore. Sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero, infatti, anche se l'Unione si dice convita di superare l'ostacolo, i pacifisti della sinistra - che dopo il ritiro dall'Iraq vorrebbero andarsene dall'Afghanistan - resistono ancora. Prodi, dal G8 è sicuro di farcela: «Non temo frizioni - dice alla vigilia del voto - e confido in una decisione unanime. Una coalizione discute, ma il suo valore lo si misura quando esprime il voto». E il segretario di Rifondazione Franco Giordano avverte: «Chi è disposto a votare no determina il rovescio della linea politica del partito e mette in mora il nostro processo democratico». Da parte sua, il presidente della Camera Bertinotti, leader storico del Prc, non ha mancato di ricordare che «questa maggioranza ha avuto un mandato dagli elettori ed è giusto che lo faccia valere con grande coerenza. Penso che la maggioranza - ha detto Bertinotti - debba essere rigorosamente autosufficiente: si tratta di una necessità politica per poter parlare al Paese e poter garantire una correttezza istituzionalè». Il ministro degli esteri massimo D'Alema, poi, è preoccupato perchè «il radicalismo estremo di certa sinistra rischia di allontanarci dal solco del riformismo europeo al quale vogliamo rimanere saldamente ancorati». Per il responsabile della nostra diplomazia, «l'idea che l'Italia si sottragga alla missione che, sotto l'egida dell'Onu, insieme agli altri paesi europei svolgiamo in Afghanistan sarebbe una forma di unilateralismo pacifista suicida». Peccato che i «ribelli» non demordono. «Domani non sarò presente in Aula nel momento in cui si voterà la mozione, mentre il mio voto al Ddl, se resterà così com'è, sarà negativo - ha detto ieri Salvatore Cannavò, deputato di Rifondazione Comunista ed esponente della minoranza di Sinistra Critica - Io però ho presentato degli emendamenti al testo: se passano, sono ben disposto a cambiare idea». Un altro dei «ribelli» è dilaniato da un dramma ideologico: «Mi dico: noi abbiamo sempre detto no alla guerra in Afghanistan. Otto volte no. Come posso io cambiare posizione?», sin chiede il senatore Claudio Grassi, esponente della corrente dell'Ernesto in Rifondazione. Grassi spiega di non voler far cadere il governo ma denuncia: «È che non fanno nulla per venirci incontro. Se cambia la mozione, noi voteremo sì. E garantiamo il nostro appoggio anche su altri atti determinanti del governo». Il capogruppo del Prc alla Camera, invece, afferma: «Sono fiducioso che alla fine si possa recuperare una posizione unitaria sul voto in Afghanistan anche in riferimento al mandato che ieri la direzione del partito ha conferito ai gruppi parlamentari per votare sì al disegno di legge». Elettra Deiana, anche lei deputata del Prc, giudica il disegno di legge sulle missioni all'estero un «timido passo in avanti». Per questo il Prc vota a favore, ma chiede di andare avanti e ridiscutere «il ruolo della Nato». «Questo disegno di legge non ci piace fino in fondo» perchè, spiega Deiana, «non affronta in maniera adeguata nodi fondamentali della politica estera italiana: l' exit strategy per l'Afghanistan, il nuovo ruolo della Nato deciso senza discussione parlamentare nel summit di Washinton nel 1999, i modi in cui vengono prese le decisioni in sede di consiglio atlantico là dove ogni paese membro non viene messo nelle condizioni di decidere autonomamente, non fa chiarezza sull'enorme imbroglio della guerra preventiva».

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