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Riecco i franchi tiratori, Unione battuta

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Le questioni sul piatto sono sempre le stesse, ma ogni ora è utile per aggiungere carne al fuoco. La notizia del giorno è la bocciatura, da parte dell'assemblea di palazzo Madama, delle annunciate dimissioni da senatori di ben sette membri dell'esecutivo. Sette no e un solo sì. Così, l'unico a lasciare lo scranno senatoriale sarà il sottosegretario alla Giustizia Alberto Maritati mentre resteranno senatori, almeno fino alla prossima votazione, il ministro Livia Turco; i viceministri Roberto Pinza (Economia) e Franco Danieli (Esteri); i sottosegretari Filippo Bubbico e Paolo Giaretta (Sviluppo Economico), Beatrice Magnolfi (Riforme) e Gianni Vernetti (Esteri). Poco male se non fosse che, tutte le votazioni, hanno registrato una costante: la presenza di 10-12 voti di astensione, che al Senato sono conteggiati come no, e che hanno permesso di «bocciare» le dimissioni. In sintesi a palazzo Madama sono tornati di scena i «franchi tiratori» e l'Unione è subito entrata in fibrillazione visto che sono in molti a leggere quello di ieri come un segnale in vista di voti ben più importanti. Ma non finisce qui. Mentre l'Aula si divertiva a giocare sulla sorte dei membri dell'esecutivo, in commissione Difesa (quella in cui la Cdl ha contribuito ad eleggere il presidente Sergio De Gregorio) arrivava la bocciatura del parere sul Dpef steso dal relatore Gianni Nieddu (Ulivo) che riteneva i tagli al settore Difesa funzionali e coerenti con gli intenti. Il parere è stato bocciato con cinque voti contro, quattro a favore, ma soprattutto con l'astensione, decisiva del rappresentante del Prc Fosco Giannini. Un fatto che, in serata, ha spinto l'Ufficio di presidenza del gruppo Prc-Sinistra europea del Senato a diramare una nota nella quale assicura che stamattina «tutti i senatori del Prc in commissione Difesa voteranno a favore dei tagli fissati dal Dpef». Ultimo capitolo è quello relativo all'Afghanistan. Dopo le polemiche dei giorni scorsi, ieri i capigruppo della maggioranza si sono riuniti con Massimo D'Alema per cercare di trovare la quadra. Riunione lunga ma, alla fine, ecco spuntare l'accordo. «Tutti i gruppi voteranno il decreto» annuncia Massimo D'Alema uscendo dalla riunione. L'euforia, però, dura lo spazio di un secondo. Ci pensa il leader del Pdci Oliviero Diliberto a specificare che «l'accordo non c'è» e «si è solo deciso un percorso, cioè che si lavorerà a una mozione parlamentare di accompagnamento». Così, il Pdci non retrocede, voterà il decreto, ma non ritirerà, almeno per il momento, i quattro emendamenti presentati per modificare il testo.

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