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Monopolizzato il ministero dell'Interno, al fianco di Amato, come viceministro, il fedelissimo Marco Minniti

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Fatto sta che mercoledì, subito dopo aver giurato come vicepremier e neoministro degli Affari Esteri, Massimo D'Alema se ne è andato senza stringere la mano a Romano Prodi. Un gesto forse insignificante (anche se D'Alema, da ex presidente del Consiglio, non era certo un neofita del cerimoniale), ma che ha alimentato quello che è ormai diventato il vero tormentone del Prodino: l'eterna lotta tra Baffino e il Professore. I due non si amano (è ancora troppo vivo il ricordo di quanto accadde nel '98 con Prodi che usciva da Palazzo Chigi mentre D'Alema entrava) e quanto accaduto in questo primo scorcio di legislatura (con il lider Maximo costretto a ritirarsi per ben due volte dalla corsa per una carica istituzionale) non ha certo aiutato una riappacificazione. Così, l'ingresso del presidente Ds al governo ha alimentato la leggenda di un esecutivo con due premier, un esecutivo in cui, ad ogni piccolo movimento, il Professore sarà costretto a fare i conti con il suo «scomodo» vice. Leggenda che, dopo il giuramento di mercoledì, sembra avere molti elementi di realtà. Anzitutto perché D'Alema, costretto a fare un mezzo passo indietro sulla vicenda dei vicepremier, ha poi incassato praticamente tutte le sue richieste riempiendo la delegazione Ds di una pattuglia di fedelissimi. Anzitutto i «dalemiani doc» Pierluigi Bersani, Livia Turco e Barbara Pollastrini. Quindi il bassoliniano Luigi Nicolais, che ha già giurato «eterna fedeltà» alla causa. La veltroniana Giovanna Melandri con un passato da buona amica del presidente della Quercia. Fabio Mussi, lider della sinistra Ds, ma amico di D'Alema fin dai tempi dell'Università. Totale 7 ministeri (compreso il «capodelegazione») sui 9 attribuiti alla Quercia. Con il fassiniano Vannino Chiti in rotta di avvicinamento al leader Maximo. Ma non finisce qui. Di stretta osservanza dalemiana è, non solo il pesantissimo viceministro all'Economia Vincenzo Visco, ma praticamente l'intero ministero dell'Interno dove, sul filo di lana, è arrivato Giuliano Amato. Il Dottor Sottile è infatti presidente del comitato scientifico della fondazione «Italianieuropei» (di cui D'Alema è presidente) ma è entrato nell'esecutivo in quota Prodi e solo dopo che la Quercia si era rifiutata di inserirlo tra i suoi. Così Baffino, forse per evitare sorprese, ha chiesto e ottenuto la poltrona di viceministro per Marco Minniti (già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nei due governi D'Alema). In sintesi, un successo su tutti i fronti. Anche a via Nazionale dove, negli ultimi anni, si era assistito ad una vera e propria «fassinizzazione» del partito. Anche lì D'Alema ha recuperato posizioni spingendo Fassino a rinunciare, suo malgrado, al governo. E la battaglia non è finita. Al Botteghino, infatti, in questi giorni ci si interroga su quando dovrà essere fissato il congresso che dovrebbe dare il via al processo costitutivo del partito democratico. Fassino vorrebbe attendere un anno, D'Alema pensa al prossimo autunno. Fosse così, infatti, Baffino, uomo forte dei Ds al governo, potrebbe giocare un ruolo determinante anche in questa partita.

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