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L'autocritica di Mannheimer: «Un garante per i sondaggi»

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Queste le proposte lanciate ieri da Renato Mannheimer, professore di sociologia e ricerca sociale all'università Bicocca di Milano nonché esperto di sondaggi per «il Corriere della Sera», per difendere la categoria dei sondaggisti dalle critiche piovute dopo l'ultima performance, a dir poco modesta, nella previsione dei risultati delle ultime elezioni politiche. Il centrosinistra dato in enorme vantaggio per mesi e exit poll sballati sono ancora nella memoria di tutti. E così l'autocritica era inevitabile, ma la difesa non poteva essere d'ufficio. Ieri ricercatori sociali, statistici e sondaggisti si sono incontrati in un convegno organizzato dalla rivista Reset all'università di Roma proprio per cercare di capire quello che non ha funzionato, perché sondaggi ed exit poll hanno fallito e nessuno tra tanti esperti ha veramente capito come stavano cambiando gli orientamenti elettorali nelle ultime settimane prima del voto. Si discute, ma le ragioni e le interpretazioni non sono per tutti le stesse. Mannheimer difende comunque il ruolo dei sondaggi e il loro contributo all'interpretazione della realtà, con un'avvertenza: «Non bisogna aspettarsi previsioni dai sondaggi, ma sapere che sono solo fotografie sfocate dell'oggi». Insomma, se non riescono a dirci quello che succederà è la riprova della loro serietà. Non la pensa allo stesso modo Stefano Draghi, docente di metodologie delle scienze sociali all'Università di Milano un tempo esploratore dei flussi elettorali per i Ds, per lui i sondaggi commerciali (quelli che vengono venduti ai giornali per essere pubblicati) sono strumenti assolutamente non scientifici di cui hanno bisogno solo politici e giornali. Infatti desolato commenta «Il committente non compra solo il sondaggio, compra il risultato». E conclude facendo infuriare Mannheimer dicendo che «c'è più scientificità in uno yogurt che in un sondaggio politico». Il professore più visto a Porta a Porta, che racconta di aver fatto sondaggi anche per Berlusconi, non ci sta e cerca il sostegno del decano delle analisi statistiche applicate alla politica e al marketing, ovvero il professor Giorgio Marbach che insegna qui alla Sapienza. Marbach, con la saggezza dell'età, cerca equilibrio e così dà ragione a tutti e due. Ricorda Marbach che «Alla fine lo scarto tra i due schieramenti è stato sotto lo 0,1. Troppo modesto anche per essere intercettato da qualsiasi analisi statistica. Irresponsabile è stato non spiegare al pubblico come funzionano le forchette e come può essere elevato il margine di incertezza in certe rilevazioni». Bisogna sapere cosa si maneggia con i sondaggi, «Dare il risultato di una competizione elettorale a poche ore dalla chiusura dei seggi vuol dire giocare d'azzardo. A volte può dire bene a volte no», questa è la conclusione di Marbach. Ma Mannheimer vuole riscattare pienamente la categoria, e allora incalza: «Il vantaggio del centrosinistra era reale, ma che nell'ultima settimana tutto è cambiato nessuno poteva prvederlo. Se Prodi a una settimana dal voto dice tassiamo i patrimoni immobiliari e contemporaneamente Berlusconi dice abbassiamo l'Ici, si entra nell'imprevedibile. Sarebbe assurdo rimproverare un sondaggista per non averlo previsto». Per il futuro della loro professione i sondaggisti dovranno trovare un sistema per non fare più brutte figure perché dalla capacità di prevedere i risultati elettorali dipende la loro credibilità in tutti i campi. I sondaggi elettorali sono le uniche indagini di mercato che hanno una verifica effettiva. Del resto, come Ricorda Draghi citando Gallup, l'inventore dei moderni exit pool: «Le elezioni servono solo a verificare i sondaggi».

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