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«Marciare divisi per combattere uniti». E fu slogan

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Ecco la frase chiave di ciascuno dei dieci messaggi rivolti finora al Parlamento dai presidenti della Repubblica, in attesa di quello che pronuncerà domani pomeriggio Giorgio Napolitano. De Nicola (1946). Il suo è il dicorso più veloce della storia, appena dieci minuti. Tra l'altro non venne nemmeno letto dal presidente perché in quel momento non si trovava a Roma. Vi giungerà il giorno dopo a bordo della sua automobile, provenienza: Torre del Greco, in provincia di Napoli. «I partiti, che sono la necessaria condizione di vita dei governi parlamentari, dovranno procedere, nelle lotte per il fine comune del pubblico bene, secondo il monito di un grande stratega: marciare divisi per combattere uniti». Ma lo slogan era stato inventato da Nenni. Einaudi (1948). Il Paese spaccato, per certi veris come oggi. E l'appello alla riunificazione, a cercare soluzioni comuni in venti minuti di discorso. «Per ben due volte abbiamo dato al mondo una prova della nostra volontà di ritorno alle libere democratiche competizioni politiche e della nostra capacità a cooperare, uguali tra uguali, nei consessi nei quali si vuole ricostruire l'Europa». Gronchi (1955). L'Italia cresce, sono gli anni del piano agricolo e dell'inizio della nuova industrializzazione. Il pensiero del Capo dello Stato, in tutto 35 minuti, si rivolge proprio ai passi in avanti. «Nessun progresso vero si realizza nella vita interna di ciascuna nazione e nei rapporti internazionali senza il consenso ed il concorso del mondo del lavoro». Segni (1962). A Roma sono stati firmati cinque anni prima i trattati che fa nascere la Cee. E all'Europa si rivolge il presidente nella sua mezz'ora di prolusione. «A questa nuova organizzazione dell'Europa tendono i tempi nuovi. Per essa anche io ho lavorato con fede, a fini di progresso e di pace. E io auspico che alla sua realizzazione si diriga l'impegno del governo e del Parlamento». Saragat (1964). Sono gli anni del centrosinistra, e nei venti minuti di discorso si respira quell'aria. «Metterei l'accento sulla casa ai lavoratori, sulla sanità pubblica e sulla scuola. La scuola, in breve volgere di anni, deve venire democratizzata in modo da garantire la selezione di tutti i giovani e l'avviamento agli studi superiori con l'unico criterio delle capacità e delle attitudini». Leone (1971). L'Italia scopre la contestazione, le piazze piene e le prime misteriose bombe. «La pace sociale non significa rinuncia alle legittime aspirazioni e ai modi anche solleciti di farle valere: significa rinuncia al metodo della violenza e dell'intolleranza. Soltanto l'ordine democratico può garantire il conseguimento di un risultato positivo». Venti minuti in Parlamento. Pertini (1978). Impazzano terrorismo e compromesso storico, Pertini parla 30 minuti. «L'Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame». Cossiga (1985). Eletto al primo scrunitnio, il Capo dello stato parla 40 minuti. «Il presidente della Repubblica, per quanto di sua competenza concorrerà al processo di rinnovamento quale rappresentante dell'unità nazionale e quale garante della Costituzione voluta dal popolo italiano». Scalfaro (1992). Il suo è il discoro più lungo, oltre 45 minuti. Impazza tangentopoli, dal Paese arriva forte una richiesta di rinnovamento a ogni livello. «Il presidente della Repubblica rivolge in questa assemblea solenne un rispettoso ma fermo invito al Parlamento perchè proceda alla nomina di una Commissione Bicamerale con il compito di una globale e organica revisione della Carta Costituzionale». Ciampi (1999). In 25 minuti, l'ex governatore e ex ministro dell'Economia pensa soprattutto all'euro e all'Europa. «La creazione della moneta unica europea, grande evento politico e non solo economico, ci impone di far sì che l'economia italiana risponda sempre

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