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Per il Prof il grattacapo dei vicepremier

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Dietro la melina di «Baffino» il destino di Ds e Partito democratico

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Secondo boatos, che però non trovano conferma, D'Alema ieri mattina alla riunione della segreteria avrebbe rilanciato con forza la proposta di una divisione netta dei compiti tra chi sta al partito e chi sta al governo. Uno scenario nel quale lui potrebbe fare il ministro degli Esteri e magari anche il vicepremier unico di Romano Prodi e Fassino resterebbe semplicemente alla guida del partito fino al congresso che dovrebbe far confluire la Quercia insieme alla Margherita nel nuovo partito Democratico. Ma c'è anche chi sostiene che D'Alema non punterebbe a fare il vicepremier unico, perché sa bene che dopo l'elezione di un esponente Ds al Colle la Margherita una cosa del genere non l'accetterebbe mai. Significative sono le parole nettamente contrarie a questa ipotesi di Pierluigi Castagnetti. In realtà la ragione vera del contenzioso in casa Ds più che il governo sarebbe il futuro del partito e soprattutto la leadership che dovrà traghettarlo verso il partito Democratico. Se anche Fassino entrerà al governo è evidente che D'Alema non vuole che il partito resti in mano a un coordinatore di stretta fiducia del segretario. E in quel caso potrebbe anche spuntare l'ipotesi di due coordinatori: uno fassiniano e uno dalemiano. Oppure D'Alema potrebbe mettere in campo la necessità dei ricambio generazionale. Di fronte a questo aggrovigliato scenario diessino, dove evidentemente pesano le due rinunce che D'Alema ha dovuto fare per la Camere e per il Colle, c'è chi non esclude che Prodi alla fine non voglia al suo governo nessun vicepremier. Secondo il borsino di queste ultime ore D'Alema sarebbe in pole position per la Farnesina e Francesco Rutelli per il ministero dell'Interno. Fassino eventualmente rischierebbe di avere un ministero di peso minore.

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