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Mezzo Parlamento elegge Napolitano

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Ha dovuto attendere due giorni, ma alla fine è riuscito a scalare il colle del Quirinale. Non che si sia trattata di una battaglia all'ultimo voto, visto che la Casa delle Libertà aveva deciso di votare scheda bianca. Nessun testa a testa. Nessun ballottaggio con un altro candidato. L'elezione a presidente della Repubblica di Napolitano non è stata trionfale. Non è andato oltre la sua maggioranza e il 54,8 per cento lo piazza al nono posto come consensi rispetto agli undici presidenti eletti fino ad oggi. Ben poca cosa se si pensa che l'Unione aveva speso grandi parole per il suo candidato. Aveva cercato di presentarlo come una candidatura di altissimo profilo istituzionale, fuori dai giochi della politica. Ma i numeri sono impietosi: solo 543 voti su 990 votanti. In pratica tutta l'Unione più due voti giunti dai banchi dell'opposizione. Ben lontano da quel «presidente di tutti gli italiani» che subito dopo l'elezione Piero Fassino si è sforzato di ripetere. Ma quello che lascia ancora più perplessi è che Napolitano anche se presentatosi come unico candidato non è riuscito ad andare oltre una risicata maggioranza. Diversamente accadde con Pertini. Il partigiano ligure come Napolitano non aveva avversari ma nel 1978 venne eletto al 16° scrutinio con 832 voti su 995 votanti. In assoluto il presidente più votato nella storia repubblicana con l'83,6 per cento dei voti. Pertini primo non solo nei cuori degli italiani ma anche come consensi, staccando Enrico De Nicola con il 79,04 per cento e Giovanni Gronchi con il 78,9. Francesco Cossiga primo presidente ad essere stato eletto al primo tentativo è quarto con il 76,9 dei consensi, mentre Carlo Azeglio Ciampi, anche lui eletto al primo scrutinio, è quinto con il 70 per cento dei voti. Più giù Oscar Luigi Scalfaro fermo al settimo posto con il suo 67,06 per cento. Ma torniamo a Napolitano. Per lui il terz'ultimo posto salvato soltanto da Antonio Segni e Giovanni Leone. Ma è bene fare una riflessione. Infatti se è vero che Segni nel lontano 1962 raccolse solo 443 su 842 votanti e quindi il 52,6 per cento, è anche giusto spiegare che di fronte aveva un candidato temibile come Giuseppe Saragat, che proprio dopo le dimissioni di Segni diventerà presidente della Repubblica. Il leader del Psdi raccolse in quello scrutinio decisivo 334 consensi. Stessa sorte per Leone che si fermò a 518 voti, il 52 per cento, su 996 votanti e solo dopo ventitré scrutini. Anche in questo caso il risultato risicato fu dovuto ad un'accesa concorrenza: quella di Pietro Nenni, che riuscì a raccogliere 408 voti. Le cose non vanno meglio se si fa il raffronto con il numero degli scrutini. Come Napolitano solo Einaudi è stato eletto alla quarta votazione. Anche per l'economista liberale una maggioranza non ampia, 59,47, decimo davanti a Napolitano. Però anche Einaudi dovette confrontarsi con un candidato forte: Vittorio Emanuele Orlando, il presidente del Consiglio della vittoria nella prima guerra mondiale. A lui ben 320 voti. Questi i numeri che per ora inchiodano Napolitano ad essere il presidente solo dell'Unione. Al migliorista, che già qualcuno chiama presidente di maggio, per via della somiglianza al re Umberto II, non resta che cercare di conquistare quell'altra metà dello schieramento che non l'ha sostenuto. Partendo dalle prime scomode incombenze come quella dell'incarico al nuovo premier. Da qui inizia il lavoro per Napolitano. Per dimostrare, davvero, di non essere il presidente di maggio.

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