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di LAURA DELLA PASQUA BERLUSCONI non ne vuole proprio sapere.

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Neppure le uscite di alcuni esponenti del centrodestra più possibilisti circa Beffetto, lo hanno fatto tornare sui suoi passi. «Ma che siamo matti? Come potremmo giustificare ai nostri elettori dopo la campagna elettorale che c'è stata, che facciamo passare D'Alema. No e poi no». Ed è con questo mandato che mentre a Palazzo Grazioli si svolgeva un vertice tra Berlusconi e i segretari della Cdl (Casini e Cesa per l'Udc e Fini per An mentre la Lega assente veniva informata telefonicamente) per fare il punto sulla questione Quirinale, il fido Gianni Letta ha incontrato Ricardo Levi, braccio destro di Prodi, a Palazzo Chigi. Letta pensava che, considerate le perplessità della Margherita a condidare solo D'Alema, Levi si sarebbe presentato con una proposta più «diplomatica». Ma l'emissario dell'Unione ha messo sul tavolo la proposta di convergere su un candidato, D'Alema appunto. Letta è quindi tornato a Palazzo Grazioli per riferire ai segretari della Cdl. Non c'è stato molto da discutere. Berlusconi ma anche Fini e Casini hanno ribadito il secco no alla candidatura solitaria di D'Alema. «Una proposta di questo genere è irricevibile» è stato il commento unanime dei segretari della Cdl. A questo punto Letta ha avuto un altro incontro con Levi al quale ha confermato il no del centrodestra fatta salva l'intenzione di ricercare una larga intesa su altri nomi. Per evitare fraintendimenti e per rendere chiaro a tutti che l'Unione intende concentrarsi su un'unica candidatura, quella di D'Alema, a ridosso del vertice Levi-Letta, l'ufficio stampa di Prodi ha diramato una nota che spazza via ogni dubbio. Si dice che Levi «ha illustrato la disponibilità dell'Unione a individuare una personalità che, a partire dalla coesione tra le forze del centrosinistra, sia capace di ottenere un consenso tale da permettere l'elezione del prossimo Capo dello Stato fin dalle prime votazioni. Questa disponibilità del centrosinistra è il segno di un'apertura al dialogo che permetta e favorisca un rapporto più disteso tra maggioranza e opposizione». Ma poi si dice che «da parte della Cdl non è stata manifestata disponibilità nei confronti della proposta di candidatura dell'Unione». Insomma come dire, noi che l'Unione la sua parte l'ha fatta e che è stata la Cdl a chiudere la porta in faccia. Immediata la replica dei leader della Cdl. Gianfranco Fini è sintetico: «Non si può dire, come ha fatto Prodi, che la Cdl non ha manifestato disponibilità sui nomi proposti. L'Unione ha presentato una sola candidatura. Sulla quale non è possibile per la Cdl convergere». Stesso tono da Casini: «Ormai è il momento per tutti di venire allo scoperto e di assumersi le proprie responsabilità. Se il centrosinistra non vuole rinnegare il metodo Ciampi, avanzi una sua rosa di candidati e il centrodestra sarà pronto a fare la sua parte». Insomma la tecnica del prendere o lasciare soprattutto se la posta in campo è D'Alema, non trova asilo nella Cdl. Tra i leader della Casa delle Libertà si è fatto anche questo ragionamento: la sinistra vuole assicurarsi il nostro sostegno quando ancora non è sicura di avere tutti nella sinistra dalla parte di D'Alema. Rutelli non fa i salti di gioia per D'Alema al Quirinale. Il numero uno della Margherita dice che si «può cercare una convergenza per le prime tre votazioni ma dalla quarta se la Cdl imponesse un veto alla ricerca di una soluzione condivisa, non potremmo che schierare il nostro candidato più forte al quale andrà il sostegno della Margherita». Inoltre a irrigidire la posizione della Cdl è stato anche il colloquio di Ferrara con Fassino sul Foglio. Il segretario dei Ds annuncia la fine dela guerra il giorno in cui Previti è stato rinchiuso a Rebibbia e offre la garanzia che D'Alema, se eletto, rimanderà tutti alle urne se prodi entrerà in crisi. Ma questo è stato interpretato nel centrodestra come un'arma che viene messa in mano a Prodi per piegare eventuali resistenze degli al

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