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Ciampi fa pressing per le larghe intese

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Il presidente della Repubblica: basta con i toni aspri dello scontro elettorale. Ora occorre parlarsi

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Nella celebrazione al Quirinale del 25 aprile, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi sembra invitare le due coalizioni al dialogo e a realizzare quelle larghe intese su alcuni temi fondamentali per la vita del Paese che in questi giorni è al centro del dibattito politico. Ciampi in sostanza invita a non trasferire in Parlamento, per una legislatura che si annuncia tra le più difficili, quei toni e quei modi di aspro scontro che hanno caratterizzato il confronto elettorale. Ciampi ha detto che davanti agli occhi ha «l'immagine di un Paese molto più unito, molto più omogeneo nei suoi sentimenti e nelle sue scelte di quanto farebbe talvolta pensare l'eccessiva asprezza degli scontri politici a vertice». E il presidente sente la necessità di rivolgere questo invito in un momento delicato poichè dopo il voto «sta iniziando un nuovo capitolo della storia politica, scanditra dal succedersi di atti istituzionali, primo fra tutti l'insediamento del nuovo Parlamento». Ciampi richiama al «dialogo tra le parti politiche che è l'essenza di una democrazia serena e operosa» e sottolinea che «l'istituzione parlamentare è il luogo d'incontro di culture politiche rispettose le une delle altre». Ed il Parlamento deve essere «il luogo di incontro di culture politiche rispettose le une delle altre» e dove si perviene a «decisioni condivise riguardanti i principi e le regole istituzionali e alle fruttuose convergenze nelle grandi scelte politiche». Ciampi ha sottolineato il valore della Costituzione che «è stata e rimane la mia Bibbia Civile, il testo su cui ho riflettuto in ogni momento difficile». Il presidente parla della Carta del '48, «che ancora oggi stabilisce le regole del nostro vivere civile» come di un grande esempio di concordia. «La nostra società - ha ricordato a proposito dell'immediato dopoguerra - era solcata da profonde divisioni e da antagonismi ideologici, tra forze politiche diverse. Fu merito e gloria dei Padri della Repubblica di aver dato vita alla Costituzione con spirito concorde». Ciampi ha ricordato che quando ha ricoperto ruoli politici ha sempre avuto «per sicuro punto di riferimento la Costituzione insieme alla convinzione che l'Europa unita è libera non meno dell'Italia libera e unita, è la stella polare, la stella su cui ho basato il mio cammino». L'elogio della Carta del 1948, molto applaudito nel cortile d'onore del Quirinale, non è sembrato del tutto casuale. È apparso un riferimento politico implicito alla contesa successiva, quella del referendum confermativo sulla «devolution», che si svolgerà a giugno (la data sarà fissata giovedì dal governo). L'altro ieri Prodi ha suscitato polemiche legando espressamente la celebrazione del 25 Aprile con la vittoria dei no al referendum. Ciampi non si è spinto a tanto. Ma non ha sprecato l'occasione per dire a tutte lettere che questa Costituzione, cui egli tutt'ora si ispira, considerandola viva e vitale, è il frutto nobile della Guerra di Liberazione nazionale, il «miracolo» compiuto da «una società solcata da profonde divisioni e da antagonismi ideologici» e che pure riuscì a fissare le regole fondamentali «con spirito concorde». Quanto al suo successore al Quirinale, Ciampi resta più che silenzioso, mentre continuano a filtrare voci, di varia provenienza, relative alla sua indisponibilità per un secondo mandato, per ragioni soprattutto anagrafiche (il presidente compirà 86 anni a dicembre). Eppure dal discorso, dal tono forte e stentoreo della voce e dai contenuti (una rilettura del nostro passato per ricavarne la lezione in vista degli impegni del prossimo futuro) si è avuta l'impressione di un presidente seriamente impegnato alla plancia di comando della nave ammiraglia. E certamente colpisce chiunque sia in cerca di un presidente bipartisan, l'identikit che Ciampi ha tracciato di sè stesso dicendo: «Io non sono mai stato un

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