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Poca tv, il leader di An preferisce una campagna elettorale «all'antica» Nessuna polemica, neanche quando il Cav gli ha scippato l'idea dell'Ici

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Mai sopra le righe anche quando i toni si sono fatti avvelenati. Gianfranco Fini ha scelto di giocarsi così le sue carte all'interno dello schema a tre punte: poche chiacchiere, nessuna polemica, nessuna rottura con gli alleati, nella speranza che, alla fine, i risultati gli diano ragione. Il leader di An in questi mesi è praticamente scomparso dalla scena pubblica rispolverando un vecchio schema: quello del contatto diretto con la gente, città dopo città, quartiere dopo quartiere. Dopo «l'uomo qualunque» di Giannini, insomma, ecco arrivare «l'uomo tranquillo» di Fini. Un «uomo tranquillo» come quello che ieri si è presentato davanti ai giornalisti stranieri accreditati in Italia. Il vicepremier prima ha giocato la carta dell'«alleato fedele» che, anche se non ne condivide il «trionfalismo» mai, in questi mesi, ha giocato contro Silvio Berlusconi (come invece ha dato l'impressione di fare, in alcuni momenti, la «terza punta» Casini), e anzi ha creduto fino in fondo nelle potenzialità della coalizione. «Sono convinto - ha detto - che il centrodestra possa vincere le elezioni perché molti italiani sanno che la coalizione di centrosinistra significa riportare indietro le lancette della politica, e chi vuole il cambiamento non torna indietro». E, parlando del premier e di quel «coglioni» con cui ha definito gli elettori di centrosinistra, ha aggiunto: «Ho apprezzato che Silvio Berlusconi abbia corretto la sua dichiarazione spiegando che voleva dire autolesionisti-masochisti. Coglione appartiene al gergo, è un'espressione molto popolare. Ma certamente è una parola che, in quel contesto, non voleva offendere gli elettori di sinistra, poichè tutti gli elettori meritano rispetto».Quindi, fedele ai canoni del politicamente corretto, ha dato la sua personale definizione dell'elettore di centrosinistra: «Quelli che votano per l'opposizione sbagliano, li chiamerei erranti». Insomma, un capolavoro di moderatismo, che non è stato scalfito neanche da quell'ora di attesa trascorsa mercoledì negli studi di Matrix assieme a Pier Ferdinando Casini. Un'attesa che Fini ha sintetizzato così: «Era un invito a cena per quattro, due non si sono presentati perché non volevano incontrare un quinto che nessuno aveva mai invitato». Aggiungendo che la cosa che lo ha più infastitito è che «Fassino e Rutelli hanno disertato l'appuntamento che era fissato da più di un mese con il presidente Casini e con me per un'altra trasmissione di approfondimento, per protesta contro l'ipotesi che Berlusconi andasse da solo a Mediaset». Certo, a onor del vero, forse Gianfranco Fini un acuto finale, un asso nella manica, ce l'avrebbe anche avuto. Quell'abolizione dell'Ici sulla prima casa che Silvio Berlusconi gli ha «scippato» proprio sul rettilineo finale. Una battaglia che An aveva lanciato già nel 2001. Poi, d'improvviso, il «colpo di scena». Ma neanche di fronte a quello che molti considerano «uno sgarro» Fini ha messo da parte il suo fair play e ieri ha spiegato, rispondendo ai maligni, di essere a conoscenza dell'annuncio di Berlusconi e di non sentirsi affatto «scippato». Insomma, a due giorni delle elezioni, nulla sembra in grado di turbare il «tranquillo» Fini che, anzi, appare assolutamente convinto di aver fatto tutto il possibile per puntare alla leadership della coalizione. Una leadership che forse non arriverà il 9 e 10 aprile, ma solo quando Silvio Berlusconi appenderà le scarpette al chiodo. Anche se Fini ha ammesso: «Con la legge proporzionale saranno gli elettori a decidere anche i rapporti di forza nelle coalizioni. Mi auguro che nella futura coalizione An abbia più voti da parte degli elettori». E subito ha aggiunto (rendendo forse più chiaro il disegno futuro): «Sia che vinciamo, sia che perdiamo, un minuto dopo le elezioni ricominceremo a discutere del partito unitario. Io lavorerò con forte determinazione in questa direzione, ma non sarà una discussione contro qualcuno, contro Forza Italia o l'Udc. Le cose non si fanno contro qualcuno, ma con qualcu

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