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Il peggiore dei delitti

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E adesso è naturale, è drammaticamente umano, voler rendere la pariglia al mostro. Toccare un bambino, l'immagine più chiara dell'innocenza, è un sacrilegio che non è possibile accettare. A poche ore dalla tragica scoperta del delitto, dunque, l'istinto ci chiama a una facile vendetta. Ieri sera, mentre le agenzie di stampa non avevano ancora terminato di trasmettere le prime notizie con la svolta nelle indagini, c'era già chi chiedeva a gran voce la pena di morte per l'assassino. Una reazione naturale. Una reazione che non si può non comprendere. Dobbiamo dare fondo a ogni nostra convinzione di credenti, asciugare le lacrime, inghiottire tonnellate di rabbia e di emozione prima di ricordare che c'è una giustizia più grande di quella umana. Una giustizia divina che non fa ricadere sull'uomo la colpa di un altro uomo. Non c'è prezzo, d'altronde, che possa ripagare una giovane vita spezzata. Per il balordo che ha ucciso Tommy, fosse anche involontariamente, va preteso però il massimo della pena prevista dalle leggi dello Stato. E al più presto il legislatore dovrà dare un segnale chiaro in difesa dei minori. Solo pensare al rapimento lampo di un bambino a scopo di estorsione, così come ad ogni altro tipo di abuso, non può avere che la più dura delle pene. Senza la speranza di attenuanti o di generose concessioni. Di fronte a un mondo che arriva a mettere sullo stesso piano persino un piccolo riscatto (come quello che avrebbe potuto pagare la famiglia Onofri) con la vita di un bambino, non c'è più tempo da perdere: chi non sta alle regole non può far parte di una società civile. E anche se in Italia può salvarsi dalla sedia elettrica, non troverà uno Stato molle. Il sorriso di Tommaso non può essere cancellato. Se c'è tra noi qualcuno che non lo capisce è bene che non si illuda. Per l'assassinio di un bambino non ci possono essere sconti. Gaetano Pedullà

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