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L'Udc salva l'Annunziata ma arriva il richiamo a Di Bella (Tg3)

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E ha ragione, Lucia Annunziata. Non potrebbe essere altrimenti, la Annunciata non è un dipendente di Viale Mazzini. Non ha un contratto con la Rai, ma ce l'ha con la Palomar, l'azienda che produce il suo programma: «Mezz'Ora». Per questo, sebbene l'ex presidente della Rai ha ricevuto ormai due condanne per aver violato la par condicio nella puntata di domenica scorsa abbandonata platealmente e teatralmente da Berlusconi perché, ha accusato, non gli veniva consentito di parlare. Due condanne e nessuna sanzione. Ma gli arriverà a breve. Il direttore generale della Rai, Alfredo Meocci, infatti, sta per inviare una lettera di richiamo al direttore del Tg3, Antonio Di Bella. Un richiamo al rispetto rigoroso della par condicio da qui al voto. Anche se la missiva conterrà anche un capoverso ad hoc contro quanto accaduto nella scorsa puntata di «Mezz'Ora». Il passaggio attraverso Di Bella è necessario perché la trasmissione della Annunziata ricada sotto la sua responsabilità. Sarà poi il direttore del Tg3 a procedere nei confronti della Palomar e della conduttrice del programma. Tuttavia, quanto accaduto in questi giorni insegna qualcosa. Che per predere provvedimenti per la violazione della par condicio bisogna attendere almeno una decina di giorni. Se tutto va bene. Già, perché quello che si è visto proprio in questo frangente è un'universale condanna e un successivo scaricabarile a cui non si è sottratto nessuno, tranne il direttore generale; l'unico che abbia preso una decisione. Meocci, infatti, si è presentato davanti al Cda mercoledì scorso e ha sentenziato che la violazione dell'Annunziata era stata doppia: l'articolo 5, commi 2 e 3, della legge 28 del 2000 («È vietato a registi e conduttori manifestare anche in forma indiretta proprie preferenze politiche»); e l'articolo 6, comma 2, del regolamento della Vigilanza («in periodo elettorale, i direttori responsabili dei programmi di approfondimento, i loro conduttori e registi curano che gli utenti non siano oggettivamente nella condizione di poter attribuire specifici orientamenti politici ai conduttori o alle testate»). Il Cda si era espresso tutto a suo favore, a cominciare dal presidente della Rai, Claudio Petruccioli, che anche pubblicamente aveva «censurato» l'atteggiamento del suo predecessore. Tutti d'accordo, applausi, bene, bravi bis. Nessuna sanzione, però. I consiglieri hanno restituito la patata bollente a Meocci. Ancora più paradossale quanto accaduto ieri nella commissione servizi e prodotti dell'Autorità per le Comunicazioni, l'unica vera istituzione in grado (e ne ha il preciso compito) di prendere provvedimenti. Ma che fanno a via delle Muratte? La commissione riconosce che la Rai ha ragione, la Annunziata ha violato la par condicio. È vero, non una ma ben due volte. E allora? Ecco la conclusione che riproduciamo in tutta la sua pilatesca forma: l'autorità «ha assunto l'impegno di adottare gli appropriati provvedimenti in applicazione delle vigenti disposizioni di legge, di regolamento e del contratto di servizio, ha ordinato alla Rai la comunicazione tempestiva all'Autorità - conclude la nota - dei provvedimenti che saranno adottati, riservandosi di verificarne la congruità e l'effettività». In pratica, invece di prendere sanzioni, ha rispedito a viale Mazzini 14 lo scottante plico. Se la deve vedere la Rai. Cioè, Alfredo Meocci. Una scelta al limite del ridicolo della quale si sono resi protagonisti, ad onor della storia, due consiglieri del centrosinistra (e questo è normale), Lauria e Sortino, ai quali si è aggiunto anche l'uomo di Casini, Magri (di nome ma non di fatto, vista la stazza). Il relatore forzista Innocenzi è rimasto solo. Anche se non è passato inosservato il suo blaterare nell'ascensore di via delle Muratte. Se la gode Lucy. Nessuno ha avuto il coraggio di punirla. Per ora. F. D. O.

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