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Storace core 'ngrato, ora attacca il Cav

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Anche Fini parte lancia in resta: «Solo noi, e non Forza Italia, possiamo intercettare gli indecisi»

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Da un lato Francesco Storace, dall'altro Silvio Berlusconi. Due caretteri forti che spesso sono entrati in contrasto. Non a caso era proprio Berlusconi che si mesi di traverso, che si opponeva alla candidatura di Storace come presidente del Lazio: anno 2000. Storace vinse e dopo è stato lui a spingere An sulla linea della concorrenza e della conflittualità a Forza Italia. Nonostante da Berlusconi abbia avuto tutto e di più. Aveva cominciato la campagna elettorale non risconoscendo il Cavaliere come leader: «È un alleato, non il principale». Per le Regionali dell'anno scorso aveva chiesto di fare una lista con il suo nome e l'ha avuta (unico candidato della Cdl ad avere questo privilegio negato pure a Formigoni); ha preteso di mettere alla porta Alessandra Mussiolini ed è stato accontentato; ha preteso che Berlusconi scendesse per strada per concludere la campagna elettorale; e dopo le Regionali di fronte all'offerta di un ministero ha anche alzato il prezzo e ha chiesto un dicastero di serie A: ecco la Salute. Non basta ancora. Vecchie ruggini sembrano rimergere oggi. Storace fa l'offeso con il Cavaliere, «reo», a suo dire, di non averlo difeso abbastanza dagli attacchi. Ma è altrettabto vero che a Palazzo Chigi, quella decisione di dimettersi senza aver ricevuto nemmeno un avviso di garanzia, è stata vista come un'inutile sottolineatura. Storace, è il ragionamento che fanno uomini vicini al Cavaliere, ha voluto dimostrare che loro, quelli di An, si dimettono mentre altri, magari quelli di FI, restano al loro posto. Una divesità che lo stesso ex ministro della salute ha voluto rimarcare ieri mattina, quando ha detto che «un politico deve essere al di sopra di ogni sospetto; ci sono schizzi di fango sulla mia persona e non voglio che alcun cittadino di questo Paese possa pensare che io mi barrico al ministero per non essere disturbato dai magistrati». Non solo, ma anche aggiunto: «I magistrati sono liberissimi di potermi chiedere tutto quello che vogliono». Ma è chiaro che la linea è quella della competizione. E Fini è ancora più esplicito: «Se riusciamo ad entrare nella testa e nel cuore di quel 3-4% che fa la differenza, non solo si vince ma si cambia davvero in modo radicale. Perché quel 3-4 % di elettori non lo può intercettare Forza Italia, lo dico con tutto il rispetto, ma o lo intercettiamo noi o non lo fa nessuno». «Da questo punto di vista - spiega il leader di An - noi siamo il valore aggiunto, perché possiamo rappresentare la marcia in più, perché tanta gente ha detto "io questa volta voto loro". E se ci crediamo e ci impegniamo, il 10 aprile festeggeremo la nascita di un nuovo centrodestra e l'affermazione dei nostri valori».

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