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Nella Quercia prosegue la lotta per decidere le candidature Sullo sfondo le fughe in altri partiti e le «battaglie intestine»

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Allora Piero Fassino fu duramente criticato per aver «imbottito» di fedelissimi la segreteria del partito. Ma era solo l'inizio, l'inizio di un progetto a lungo termine che in queste settimane dovrebbe finalmente giungere a compimento. Se un anno fa il problema era quello di blindare il Botteghino, oggi la «guerra di Piero» è quella che riguarda le candidature per le prossime elezioni politiche. Una guerra che dovrebbe concludersi venerdì quando la direzione della Quercia consegnerà i nomi finali dei candidati. Anche se sono in molti a ritenere questa data «eccessivamente ottimistica». Infatti sono ancora diversi i nodi che il segretario della Quercia dovrà risolvere prima di poter dormire sonni tranquilli. Innanzitutto l'esodo di parlamentari che ha colpito la Quercia in questi giorni. Certo si tratta di un esodo di piccola entità che, dicono i ben informati, sarebbe già terminato. Dopo Lanfranco Turci, Salvatore Buglio e Biagio de Giovanni emigrati nella Rosa nel Pugno. E dopo Pino Soriero partito verso le sponde sicure dell'Italia dei Valori, nessun altro dovrebbe muoversi da via Nazionale anche se la vicenda ha messo in preallarme i dirigenti Ds. Certo, al Botteghino sono in molti a bollare il caso come una semplice manovra di «opportunismo elettorale» (non mi candidi e io mi cerco un posto da un'altra parte), una manovra che però spalanca una finestra su una questione molto più delicata: la lotta, tutta interna al partito, tra fassiniani e dalemiani. Buglio e Turci, infatti, sarebbero vittime necessarie della regola che ha impedito la ricandidatura dei parlamentari che avevano alle spalle più di due legislature (solo 28 parlamentari uscenti sono stati graziati). E non è certo un segreto che, la maggior parte di essi, sia di stretta osservanza dalemiana. Un particolare che non è certo sfuggito a Fassino che vorrebbe ripetere anche in Parlamento lo schema già adottato per la segretaria del partito: riconferma di qualche dalemiano (i più «pesanti» politicamente) e largo alla pattuglia dei fedelissimi. Un anno fa i «nomi dello scandalo» erano stati quelli di Marina Sereni, Maurizio Migliavacca e Fabrizio Morri sodali di Fassino promossi nei ruoli chiave della dirigenza. Oggi quegli stessi nomi spiccano tra i candidati sicuri. I primi due come capilista (Migliavacca in Lombardia 2 dietro Franceschini e la Sereni in Umbria dietro Prodi) mentre Morri è ancora in cerca di una sua collocazione anche se, alla fine, dovrebbe spuntare un posto sicuro nelle Marche nonostante un certo malumore della Quercia locale. Ed ecco arrivare al pettine un altro nodo: il rapporto conflittuale tra centro e periferia. La nuova riforma della legge elettorale unita alla strategia fassiniana si è infatti rivelato un mix eplosivo che sta creando diversi mal di pancia in giro per l'Italia. Dalle Alpi alla Sicilia sembra infatti esserci un ritornello comune che i dirigenti locali ripetono con insistenza: «Non ci piace il metodo con cui Roma vuole imporci questa candidatura». I casi da manuale sono già diversi. In Veneto 1, ad esempio, accade che non riesca a trovare posto il senatore uscente Fabio Baratella. La lista del Senato, infatti, avrebbe già i tre posti sicuri aggiudicati al riformista Enrico Morando, all'ex pm Felice Casson e ad Anna Maria Serafini, moglie del segretario Piero Fassino. Ora il territorio attende risposte da Roma per sapere che fine farà Baratella (riusciranno a salvarlo?). Situazione analoga in Lombardia dove solleva forti polemiche la decisione di candidare l'ex sindaco di Mantova Gianfranco Burchiellaro. Una candidatura che sarebbe stata imposta da Roma e dal segretario regionale Luciano Pizzetti (fassiniano doc). Scendendo verso sud, invece, non si è ancora risolto il «caso Intrieri». L'ex esponente del Cdu, voluta dalla moglie di Fassino continua ad essere rifiutata dalla Quercia locale che ha iniziato un vero e proprio braccio di ferro. Questo e molto altro sarà venerdì sul tavolo della direzione nazionale. Non è ancora definito, infat

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