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Unione, è finito

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l'ottimismo

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Insomma, ce ne è abbastanza per far perdere la speranza anche al più ottimista. Se poi ci si mettono anche i sondaggi che confermano il costante recupero della Cdl (gli ultimi dati parlano di mezzo punto in più alla settimana) allora il malumore è più che giustificato. Così ieri a Montecitorio erano in molti a leggere come una premonizione le parole del Governatore del Friuli Riccardo Illy che, dalle pagine di Repubblica, ammoniva: «In un governo di coalizione il leader non governa senza la coesione della sua maggioranza». Ergo, questo il pensiero di molti deputati dell'Unione, se vinceremo le elezioni non potremo mai governare, soprattutto se l'ala sinistra della coalizione confermerà le previsioni che la danno in forte crescita. Le paure, ovviamente, arrivano soprattutto dalla Margherita e dall'ala riformista dei Ds che non hanno certo fatto segreto del loro disappunto. «Se questo è l'inizio - commenta un deputato Dl - chissà dove andremo a finire. E pensare che sabato scorso, al teatro Eliseo di Roma, lo spirito era quello di una grande unità. Invece non sono passate neanche 24 ore ed ecco cosa è successo». Qualcuno si sfoga con l'ufficio stampa del Professore. Dopotutto, in una campagna elettorale come questa, la comunicazione è tutto. «Prodi poteva convocare una riunione per discutere la questione - commenta un diessino - invece è finito nel tritacarne delle dichiarazioni col risultato che, quello che poteva essere risolto con un confronto civile, si è trasformata in una lotta a viso aperto tra Prodi, Margherita e Ds da un lato, e la sinistra radicale dall'altro». E anche sulla «scelta dispotica» del Professore ci sarebbe da ridire. Proprio lui che sabato aveva parlato di «dialogo», «spirito costruttivo» e «rispetto reciproco». Lui che, parlando del programma, aveva fieramente ammesso: «Non ci sono state imposizioni». Eccolo lì, vestire i panni del dittatore, e tuonare: «Decido io, la Tav di farà». Alla faccia del dialogo. Insomma nelle fila dell'Unione comincia a farsi strada qualche ragionevole dubbio e qualcuno azzarda anche una previsione numerica: «Dureremo al massimo un anno». Anche se c'è chi invita alla prudenza: «Sono passati solo pochi giorni. Aspettiamo ancora un po' prima di buttarci a terra. Certo se qualcuno vuole approfittare della situazione per fare facili strumentalizzazioni...» «In fondo - commenta il diessino Giuseppe Caldarola - questo è il frutto del proporzionale che spinge i partiti a ricercare la visibilità». Certo, a giudicare dal tenore dello scontro, la vicenda sembra un pochino più complessa. «Non credo - continua Caldarola - anche perché delle due questioni sul tavolo una, quella di Ferrando, è stata prontamente affrontata da Rifondazione ed è in via di risoluzione. L'altra, quella della Tav, non esiste. La Tav si farà, non ci sono dubbi. Mi sembra che Prodi sia stato abbastanza chiaro sulla vicenda». Un po' più tesa l'atmosfera a Sant'Andrea delle Fratte, quartiere generale della Margherita, dove qualche timore c'è. Anche se l'ex ministro delle Comunicazioni Salvatore Cardinale non vede all'orizzonte scenari foschi: «Mi sembra che tutto si stia risolvendo. Oggi ci sono divisioni nell'Unione domani, vedrà, ci saranno nel versante opposto». Intanto, mentre i due principali partiti della coalizione gettano acqua sul fuoco e si schierano compatti al fianco di Romano Prodi, i cespugli non sembrano intenzionati a mollare la presa. «È in atto una preoccupante offensiva dei moderati del centrosinistra che sembra avere l'obiettivo di creare divisioni e mettere i difficoltà Prodi magari preparando il terreno per un governo di grande coalizione» ha detto ieri il coordinatore dei Verdi Paolo Cento. Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente Alfonso Pecoraro Scanio: «Ci sorprende che sia stata lanciata una campagna contro il programma e ci sia oggi chi vuole costruire un'opera senza un necessario confronto tecnico e con la popolazione.

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