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Con un blitz finanziario San Paolo ha detto addio al gruppo

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Quasi impossibile accettarlo se arriva da chi non lo si aspetta. Sarà stato questo il sentimento che ha attraversato casa Agnelli una settimana fa quando il San Paolo-Imi, la banca storica di riferimento della famiglia, con un blitz si è disfatto della quota del Lingotto che aveva in portafoglio dopo la conversione del prestito da tre miliardi di euro concesso da un pool di banche italiane. Almeno ufficialmente, dunque, l'istituto presieduto da Enrico Salza, ha fatto spallucce ad anni di relazioni intense con il gruppo di Corso Marconi. E in perfetto tandem con un'altra banca azionista della Fiat, il Monte dei Paschi di Siena, ha in un sol colpo abbandonato l'azionariato e si è messo in tasca il ricavato. La banca torinese ha effettuato un collocamento accelerato sul mercato a 7,7 euro per azione della propria quota del convertendo (3,55%) attraverso Banca Imi e Merrill Lynch mentre ha conservato il restante 0,837%. Una partecipazione che consentirà comunque al Sanpaolo di partecipare alla prossima assemblea di bilancio del Lingotto a maggio. La cessione ha sciolto, infatti, un altro nodo. Quello della sterilizzazione dei diritti di voto al 2% che gli derivava dalle partecipazioni incrociate con Fiat e Ifil. La rapidità con cui il San Paolo ha operato ha però indispettito non poco il management del Lingotto. Sergio Marchionne, ad della Fiat, qualche frecciatina l'ha lanciata: «Quando vengono effettuate operazioni di questo tipo, è prassi che chi cede le azioni informi preventivamente la società oggetto della vendita. Noi siamo stati avvertiti soltanto da Monte dei Paschi di Siena, che peraltro aveva sempre espresso la volontà di cedere le azioni in suo possesso». Pronta la risposta piccata del San Paolo. «Avvisare qualcuno di operazioni azionarie prima che queste avvenano è vietato dalla legge». Fin qui la cronaca. Come nelle migliori famiglie, però, a motivare certe scelte sono spesso i rancori e le incomprensioni. Per gli analisti alla base del blitz finanziario del San Paolo c'è la non proprio perfetta sintonia di idee tra Salza e Luca Cordero di Montezemolo.

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