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L'Unione si spacca sui «cespuglietti»

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Il vertice dell'Unione di ieri, che sulla carta doveva essere una riunione per parlare del più e del meno, si sarebbe invece trasformato in un muro contro muro senza precedenti. Protagonisti (anche se assenti) i «cespugli» dell'Unione che ormai da giorni chiedono con insistenza posti sicuri nelle liste della Camera. Il problema, però, sta proprio nel decidere chi debba accollarsi questi «posti sicuri». In un primo momento doveva essere Romano Prodi (che avrebbe raccolto tutti coloro che rischiano di non superare lo sbarramento del 2% all'interno dei 15 posti che si è riservato nella lista dell'Ulivo). Quindici posti, però, sono pochi. Mettici i fedelissimi, mettici qualche rappresentante della società civile ed ecco che per Italia dei Valori, Repubblicani Europei e Udeur restano al massimo 2-3 posti a testa. Troppo pochi per l'Udeur di Clemente Mastella che può vantare una certa forza nelle Regioni del Sud e potrebbe risultare determinante per far scattare il premio di coalizione al Senato. Troppo pochi per i Repubblicani Europei di Luciana Sbarbati che rivendicano il loro ruolo di partito fondatore dell'Ulivo (dove ormai sembra prevalere l'asse tra i Ds e la Margherita). Troppo pochi per l'Idv che chiede a gran voce di sapere qual'è il suo ruolo all'interno della coalizione. Così, ieri, nessuno dei tre partiti ha voluto partecipare al vertice. Ma, come spesso accade, gli assenti fanno più notizia dei presenti. Anzi, è stato proprio attorno al ruolo di questi «cespugli» all'interno dell'Ulivo che il vertice si sarebbe spaccato con Ds e Margherita da un lato e sinistra radicale dall'altro. E con Prodi in mezzo a vestire, ancora una volta, i panni del mediatore. Il problema sarebbe nato quando Piero Fassino, in un «eccesso di confidenza», avrebbe chiesto a Rifondazione di ospitare nelle liste alla Camera qualche candidato di quei partiti che rischiano di non superare lo sbarramento del 2%. Una richiesta che avrebbe letteralmente fatto saltare in aria il segretario del Prc. Ma andiamo per ordine. Intanto sembrano tramontare, per questione di tempo e di organizzazione, le assemblee regionali sul programma, inizialmente previste per il quattro febbraio. A quanto si apprende, sarebbe stata presa in considerazione, per l'allungamento della legislatura, l'ipotesi di far slittare di qualche tempo anche la convention programmatica del'11 febbraio. Ma tutti sarebbero stati d'accordo nell'osservare che una scelta del genere potrebbe apparire come un segno di debolezza. Appuntamento, dunque confermato (almeno per il momento). Poi lo scontro. Le tensioni maggiori si sarebbero avute sul tema delle liste e delle candidature. Ad aprire le ostilità Francesco Rutelli che avrebbe attaccato Oliviero Diliberto e Alfonso Pecoraro Scanio, riproponendo la questione della lista comune che i due partiti dovrebbero presentare al Senato con un richiamo al simbolo dell'Unione. Il presidente della Margherita si sarebbe lamentato con i due alleati di un simbolo troppo simile a quello della coalizione e della possibilità che l'operazione possa togliere voti agli altri partiti. Diliberto e Pecoraro avrebbero tenuto duro, ricordando che era stato già preso un impegno da parte di tutti e mostrandosi disponibili al massimo per un ritocco del logo. «Non si può andare avanti così - sarebbero sbottati i due - altrimenti al prossimo vertice sarete solo Ds, Margherita e Rifondazione». La discussione si sarebbe chiusa affidando a Prodi il compito di trovare una soluzione che possa accontentare tutti. Poi è stata la volta di Fassino. Preoccupato per le tensioni tra l'Ulivo e i partiti che chiedono ospitalità al Listone per le candidature (Idv, Repubblicani europei e Udeur), il segretario della Quercia avrebbe chiesto un aiuto a Fausto Bertinotti. Rifondazione, avrebbe fatto notare il segretario dei Ds, è il partito che con la nuova legge elettorale g

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