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Fassino e D'Alema, i leader dimezzati

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I vertici della Quercia affrontano la direzione del partito indeboliti dall'offensiva del Correntone

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Dopo settimane di tensione nei corridoi del «Botteghino» si respira finalmente serenità. Ma è una serenità strana, è la serenità di chi sa che c'è ancora un partita da giocare. E la partita è quella che si giocherà oggi all'interno della Direzione nazionale dei Ds dove, per la prima volta, Fassino e D'Alema saranno sottoposti al fuoco incrociato dei loro oppositori interni. Sul tavolo, ovviamente, la condotta tenuta dai vertici del partito nel merito della vicenda Unipol-Bnl. Difficile, o sarebbe meglio dire impossibile, che la direzione decida di sfiduciare il segretario e il presidente. Le elezioni sono alle porte e gli elettori, con tutta probabilità, non capirebbero un così repentino cambio di direzione. Anche se una cosa è certa, oggi Fassino e D'Alema usciranno dall'hotel Quirinale se non destituiti, almeno ridimensionati. Due «cavalli zoppi» che dovranno guidare il partito da qui alle elezioni senza colpi di testa ma maniacalmente attenti alle esigenze di tutte le anime della Quercia. Sì perché la vicenda Unipol ha avuto il grande merito di ricompattare tutti gli oppositori della linea Fassino-D'Alema che ora a gran voce «battono cassa». Certo, tutti ci tengono a dire che «ci sono tutti i margini per arrivare ad una soluzione condivisa della vicenda». Ma il problema sembra proprio risiedere nell'ampiezza di questi margini. E se Fabio Mussi ha già messo nero su bianco le sue condizioni, altri scalpitano nell'ombra. Occorre, ha detto il coordinatore del Correntone Ds, «introdurre qualche correzione nel regime politico interno». La sua è una critica dura al modello dei «due consoli» che ha finora caratterizzato la gestione del partito. Ma anche un avvertimento: se D'Alema e Fassino intendono ancora fare da soli noi non ci stiamo. Per questo Mussi torna a chiedere un congresso straordinario (da celebrare dopo le elezioni) che rimetta in discussione l'ipotesi, rilanciata con forza in questi giorni da Prodi e Rutelli, che i Ds si dissolvano all'interno del partito democratico assieme alla Margherita (ipotesi che Mussi e i suoi rifiutano). E sulla richiesta di maggiore collegialità converge l'area liberal del partito che rilancia anche la questione economica. «Il problema - spiega il senatore Lanfranco Turci - non è avere una banca amica, ma lavorare perché il sistema funzioni meglio». Insomma, sembra molto difficile che Fassino e D'Alema possano uscire indenni dalla direzione di oggi (Mussi ha già fatto sapere che una soluzione unitaria è tutt'altro che scontata). Anzi, la «lista della spesa» potrebbe addirittura allungarsi andando a toccare anche i criteri di definizione delle liste per le prossime elezioni. Qualcuno ha già fatto sapere che non ci saranno cambiamenti: le minoranze interne hanno un peso politico e otterranno tanti candidati quanto valgono. Ma non è escluso che, visto l'attuale stato di crisi della dirigenza Ds, qualcuno decida di forzare la mano. Dopotutto se c'è un momento in cui Fassino e D'Alema non possono permettersi di dire di no è proprio questo. Se il partito arrivasse alla spaccatura in chiave elettorale sarebbe un'ecatombe. Meglio quindi sacrificare qualche sodale fassiniano per fare spazio ad alcune new entry della sinistra Ds o, perché no, del movimento dei girotondi. La direzione di oggi, quindi, con tutta probabilità sancirà una vera e propria svolta all'interno della Quercia che sarà comunque costretta a mettere una freno al percorso del partito democratico (che verrà rinviato al dopo elezioni) e a «sinistrizzarsi» aprendo al Correntone di Fabio Mussi. Comunque vada, per Fassino e D'Alema, non sarà certo un successo.

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