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«Intrecci perversi tra economia e giunte rosse»

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Berlusconi al Professore: «Da che pulpito viene la predica». La replica: «Meglio che lui non parli»

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Silvio Berlusconi, rientrato ieri sera a Roma, sferra un duro attacco ai Ds e al mondo delle cooperative dopo la bufera scatenata dalle intercettazioni Fassino-Consorte. Il premier-imprenditore, prende la palla al balzo e si mette a fare il moralista. «Gli ultimi avvenimenti - tuona il Cavaliere - hanno fatto emergere con evidenza quell'intreccio tra giunte rosse e mondo delle cooperative che ha sempre lucrato contratti da parte degli esponenti del partito di cui è organico», producendo utili esentasse «che sono poi andati a foraggiare il proprio partito di riferimento». Poi una frecciata al muro caduto della «diversità» della sinistra, da uno come lui sempre criticato per aver sempre «mischiato» politica e affari. «Evidentemente - ha osservato Berlusconi - chi ha sempre guardato alla sinistra come a qualcosa di diverso rispetto al resto della politica, resterà fortemente deluso...». Per il Cavaliere sembra arrivato il giorno della rivincita, visto che le accuse cadono su chi ha sempre puntato l'indice contro di lui per il conflitto di interessi. Le bordate del premier arrivano proprio nel giorno in cui Romano Prodi ha invocato confini precisi per separare nettamente la politica dagli affari. Dopo giorni di silenzio, in cui è rimasto alla finestra a guardare il «gioco al massacro» intestino alla sinistra, il Cavaliere ha lanciato parole di fuoco contro quello che ha definito un intreccio politico-affaristico, pur senza commentare esplicitamente l'intervento del leader dell'Unione. E tuttavia, rivela chi gli ha parlato nelle ultime ore, il premier non ha nascosto con i suoi lo «stupore» per le parole del Professore: «Da che pulpito...», sarebbe sbottato Berlusconi. È del tutto ridicolo, questo sarebbe stato il ragionamento del premier, che un discorso del genere lo faccia Prodi, dal momento che la sua vita e il suo percorso professionale rappresentano proprio quella «commistione» tra affari e politica che ora mostra di voler mettere all'indice. Il presidente del Consiglio, riferiscono le stesse fonti, fino a ieri non ha inteso cavalcare «sino alle estreme conseguenze» la bufera giudiziaria su Unipol, «anche per non appannare la sua figura di garantista al di là delle convenienze», ma gli auspici di Prodi, rileva un autorevole esponente azzurro, «certo gli sono sembrati falsi, stantii». E, soprattutto, con un «doppio fine», tanto che in ambienti di Forza Italia si avvalora la tesi di un Prodi che ha voluto «infierire» su una Quercia già in difficoltà, presentandosi agli elettori disillusi dell'Unione come il padrone dell'unico «orticello buono e puro» rimasto a sinistra. Entrando a Palazzo Grazioli, Berlusconi ha anche lasciato aperta la porta per l'ok definitivo al ddl del governo che stabilisce un severo giro di vite sulle intercettazioni, sostenendo che «ci sono i tempi» per approvarlo prima della fine della legislatura. Per tutta la giornata erano stati dirigenti dello stato maggiore di Forza Italia a sparare ad alzo zero contro quelle che Fabrizio Cicchitto definisce le «grottesche banalità» di Prodi. Un atteggiamento «ambiguo» quello del Professore, contro cui si scaglia il presidente dei senatori azzurri Schifani, che individua nella sua lettera «il punto più critico della crisi dell'Unione»: «Anzichè fare, con coraggio da leader, i conti con il concreto presente - attacca Schifani - Prodi se ne pone fuori ed al di sopra, prendendo le distanze da Fassino e D'Alema».

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