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Una vita in difesa delle prerogative dell'istituto di via Nazionale

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Quello che ha firmato per l'ultima volta le banconote in lire, quello che ha contribuito, tra numerosi travagli, a consolidare la stabilità valutaria e a far entrare l'Italia nell'euro. Euroscettico, paladino delle riforme strutturali, a iniziare da quella previdenziale, Fazio è stato a lungo un colto protagonista della storia economica italiana. Cattolico osservante, ha trovato conforto in Sant'Agostino anche durante l'estate rovente del 2005. È abituato a citazioni dotte, soprattutto in occasione della lettura delle considerazioni finali, l'atto che racchiude un anno di lavoro in prima linea dell'Istituto di Via Nazionale e del Governatore. Tra quelle più celebri si ricorda l'accenno alla parresia nel 1999 (il parlare liberamente utilizzato come tecnica terapeutica sviluppata dal filosofo Filodemo ad Ercolano) e metanoia (con l'accento sulla prima à per significare revisione profonda nel modo di concepire i rapporti tra lavoro e impresa) nel 2002. Oltre a quelle di Sant'Agostino, a cui dedica un'attenzione e una riverenza particolare, le letture impegnate di Fazio spaziano da Tommaso Moro alle encicliche papali. L'ultimo governatore lascia la guida della Banca d'Italia, istituto non più d'emissione con l'arrivo dell'euro, non più custode dei tassi di interesse, dopo la creazione della Bce, ma ancora autorità antitrust per il sistema bancario, per la stabilità finanziaria e per la tutela del risparmio. Nato nel 1936 ad Alvito, in provincia di Frosinone, sposato dal 1978 con la signora Maria Cristina, cinque figli, Fazio si laurea in economia a Roma nel 1960 con una tesi di laurea sui rapporti tra evoluzione demografica e sviluppo economico. Immediatamente dopo la laurea, vince una delle borse di studio di specializzazione al servizio studi di Bankitalia. Fino al 1962 resta in questa storica fucina di cervelli di Via Nazionale come istruttore per trascorrere poi un anno di approfondimenti teorici al Mit, sotto la guida del futuro premio Nobel, Franco Modigliani. Nel 1963 torna in Banca d'Italia, come esperto all'ufficio ricerche econometriche (dove collabora a mettere a punto il primo modello econometrico); nel 1966 scatta l'assunzione di ruolo e successivamente diventa capo dell'ufficio ricerche econometriche, dell'ufficio mercato monetario del servizio studi, vicedirettore nello stesso servizio studi (1972), poi direttore (1973) e infine nello stesso anno capo del servizio studi. Nel 1976 assume il grado di condirettore centrale continuando a dirigere il servizio studi sino al dicembre 1979. Dal 1980 è direttore centrale. L'ingresso nel direttorio di Via Nazionale, come vicedirettore generale, arriva nel gennaio di due anni dopo. Dal 1993, dopo le dimissioni di Carlo Azeglio Ciampi, nominato presidente del Consiglio, diventa Governatore. Arriva alla scrivania più importante di Palazzo Koch, sotto l'effige di San Sebastiano, beneficiando dei veti incrociati che bloccano le prime file, quelle occupate da Lamberto Dini e Tommaso Padoa Schioppa. Sobrio, fedele al panciotto e al completo d'ordinanza dei banchieri centrali, dopo la nomina a numero uno di Bankitalia il suo ruolo assume sempre maggiore importanza, anche in politica ed è indicato più volte come possibile guida ora per uno schieramento ora per l'altro, sulla scia di quanto avvenuto per altri esponenti della Banca d'Italia, da Einaudi a Ciampi a Dini. Negli ultimi anni la sua posizione politica è spesso avvicinata al centrodestra, soprattutto dopo aver benedetto le scelte economiche del Governo Berlusconi, non ancora insediato, parlando nel 2001 di un possibile nuovo miracolo economico. I rapporti con il Tesoro, sotto la guida da Tremonti, però si sfilacciano fino ad arrivare alla rottura istituzionale nel 2003. Messo nella graticola dalle associazioni dei consumatori, che lo accusano di non aver impedito i crac Cirio e Parmalat, Fazio trascorre gli ultimi due anni sempre sul filo del rasoio, con l'insidia di un ridimensionamento di Bankitalia all'inte

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