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Margherita-Ds, il grande gelo

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Anzi per dirsi che va tutto bene e che l'Ulivo si tradurrà in un nuovo soggetto politico. Per darsi un tono di unità. Ds e Margherita sono le due anime che più si stanno dando battaglia nello schieramento di centrosinistra sullo sfondo del ciclone bancario che sta facendo tremare le forze politiche ed economiche del nostro Paese. Da un lato Fassino, che sogna da tempo garanzie e forze economiche per i Ds attraverso le cooperative rosse e che oggi vive con imbarazzo la vicenda Unipol. Dall'altro Rutelli, uomo che non disdegna le aree di potere, strizza l'occhio a Montezemolo e segue con interesse le vicende di Rcs-Corriere della Sera. Due fronti divisi su come deve essere affrontata la battaglia del «risiko» bancario. Con una differenza sostanziale. Fassino arriva al convegno della Margherita sulle primarie e il partito democratico - voluto da Arturo Parisi ieri assente per malattia - e non dice nulla. Rutelli, invece, anche in questa promessa d'unione futura, ritaglia uno spazio d'indipendenza al suo pensiero. Accoglie l'invito di Casini a un'intesa bipartisan sul Ddl risparmio come «sacrosanto», ma «bisogna vedere cosa ha in mente il governo». E in attesa di rassicurazioni, conferma la «disponibilità a concorrere ad una legge che è ormai necessaria», che «vale la pena di approvare, anche se non del tutto soddisfacente, entro fine legislatura». Perché come dice - approfittando del silenzio di Fassino - «sarebbe una vera catastrofe se con questi sviluppi del monopoli bancario, dopo Cirio e Parmalat, lo scandalo della Bpi e la crisi di governance della Banca d'Italia, la legislatura finisse senza l'approvazione della legge sul risparmio». Prima di consegnarsi al progetto unitario, che sarà sancito dall'intervento finale di Romano Prodi, Rutelli riesce anche a rivendicare doti di preveggenza: «La Margherita ha visto giusto nella vicenda del "monopoli" bancario», afferma in un passeggio del suo intervento al convegno e ricordando le interviste al Corriere della Sera del 9 gennaio aggiunge: «Dicevo che Bankitalia non è insindacabile» e dello scorso luglio «quando sollevavo dubbi su operazioni finanziarie che sembravano quasi concluse, ma nelle quali invece c'era del marcio che è riemerso, e nessuno poteva immaginare fosse così profondo». Fassino tutto questo non l'ha detto. Giornata piuttosto nervosa la sua. Trascorsa soprattutto al telefono in lunghe conversazioni chissà con chi, una delle quali lo porta a sfiorare nel primo pomeriggio le vetrate della stanza dell'hotel Nazionale mentre è in corso il vertice dell'esecutivo di An. Nervosismo apparso evidente - anche se stemperato da un tentato e ironico sorriso - quando tira dritto tra due ali di giornalisti che lo attendono a margine del convegno sul partito democratico. Stretto nel suo rigoroso cappotto va via rimandando a quanto detto dal palco, ovvero tutt'altro. È uno dei primi a parlare ieri pomeriggio nella manifestazione dove ci sono gli uomini potenti del centrosinistra, dove aleggia il pensiero politico di De Benedetti (che neanche un mese fa ha "benedetto" Veltroni e Rutelli e scaricato Prodi e Fassino), assente ma presente con Ezio Mauro il fedelissimo direttore di Repubblica, e le idee "amiche" di Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera. Su Unipol, Antonveneta, Bpi, Bankitalia, Bnl, ieri, il silenzio di Fassino è stato rumoroso. Ad abbozzare una risposta unitaria è costretto Romano Prodi che continua a chiedere la testa di Fazio e appoggia Rutelli: «Se la proposta è saggia - riferendosi all'appello di Casini - data l'urgenza e l'evidente situazione di emergenza che abbiamo, è chiaro che il nostro appoggio non potrà mancare». «Ovviamente - precisa Prodi - si deve fare su un accordo che concluda rapidamente i punti che sono ancora controversi». Il prossimo passo è la costituzione dei gruppi unici alla Camera e al Senato per l'Ulivo sono il primo passo concreto verso il partito democratico o il partito dei democratici. Ma - avverte Rutelli - «senza una M

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