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È l'immagine di un bimbo

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I centralini di questo giornale sono stati roventi ieri. Qualcuno ci ha insultato, altri ancora si sono scandalizzati. Ma quella foto non ritrae l'orrore. Non è un corpo devastato. Non c'è un rivolo di sangue. È l'immagine di un bimbo. Ma è anche la testimonianza di un'assenza. Per nessun altro motivo al mondo l'ho pubblicata e oggi la ripropongo. Perché, Marco, quando io e te discutiamo di aborto, parliamo di lui. Come è possibile estirpare quella presenza dalle nostre piccole ragioni? Tutti i giorni siamo attraversati dai drammi della vita e dalla scure della morte. Talmente attraversati da avere la pelle dura. Notizie e immagini hanno reso quotidiano ogni orrore e quel tremito naturale di umanità che almeno una volta tutti abbiamo provato, sembra essersi spento come la luce fioca di una candela. Che l'aborto sia una tragedia, una scelta disperata sul filo della vita e della morte, lo posso comprendere. Per questo non sono colpito dai numeri, che pure sono un fatto, dai casi dimezzati delle italiane che quella decisione hanno preso. Sono spaventato da qualcosa che non ha numeri a sostegno, ma un'evidenza terribile: l'anestesia sparsa generosamente su ogni orrore, dolore, disperazione, dramma. Sulla vita e sui fatti. Mi terrorizza che una foto come questa indigni e faccia orrore. È l'immagine di un fatto, che nessun medico, nessuna pillola abortiva può togliere di mezzo. Bisogna parlare di lui, Marco. Perché c'è. E nessuna legge può girarci intorno. Vale la pena anche sparare sul Cristallo rosso, come dici tu. Perché ridurre la nostra esistenza al «taglia e cuci» è un po'poco, no? Di che discutiamo io e te, se dovessimo rassegnarci a quello? Perché io dovrei fare il giornalista e tu il politico? E perché un medico scegliere il suo mestiere? Possiamo volere sussultare ancora, sentire qualcosa facendo il nostro lavoro, pensare alla possibilità di una diversità più adatta alla nostra natura e al nostro cuore? Non mi sembra poco nemmeno la solitudine cui dovremmo lasciare due ragazzi con un dramma grande così. Scusami se non mi rassegno. Ma è per tentare una risposta a quella solitudine che serve una legge, che ha un senso costruire ospedali, trovare risposte ai problemi. Sì, anche parlare della legge 194 sull'aborto e della possibilità di cambiarla. Proviamo a riparlarne partendo da quella foto, da quei due fidanzati lasciati allo sbando, da parole come le tue che non la pensi come me eppure provi ad ascoltare, a guardare e capire. Ripartiamo da qui. Franco Bechis

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