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E Pier resta zitto An apre sulla «legge spot»

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Se ne dice convinto il premier Silvio Berlusconi, rilanciando così la sua intenzione di mettere mano alle regole che disciplinano l'accesso a spot e mezzi informativi durante la campagna elettorale. Per il partito di via Due Macelli, secca la replica di Pier Ferdinando Casini: «Non dico niente: su questo argomento ho parlato tante volte. Sono diventato monotono». Aperture, invece, da An, con il viceministro alle Attività produttive Adolfo Urso che fa sapere: «Anche la legge sulla par condicio si può certamente migliorare se si raggiunge una larga e costruttiva intesa». Per Urso bisogna intervenire innanzitutto «eliminando i paradossi e le incongruenze che sono del tutto evidenti in piena sintonia con quella democrazia bipolare che la riforma elettorale in corso ha certamente rinforzato». Ma le parole di Berlusconi non tardano a sollevare invece le reazioni dell'opposizione. Con Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani che sottolinea: «Il premier torna a dire che dovrebbe essere tolto ogni spazio politico in tv, in campagna elettorale, a un soggetto politico nuovo che dovesse presentarsi con un simbolo nuovo. Trasecolo. Se infatti questo criterio "berlusconiano" fosse stato adottato nel 1994, un partito nuovo come Forza Italia (destinato a divenire, alla sua prima presentazione, partito di maggioranza relativa e perno della coalizione vincente) avrebbe avuto in tv zero ore, zero minuti, zero secondi. Cosa contro cui, ovviamente, Berlusconi avrebbe gridato contro il complotto comunista o qualcosa del genere». «La mia impressione - aggiunge Capezzone - è che Berlusconi ignori l'abc della democrazia politica: e regola elementare vuole che, almeno in quei quaranta giorni, almeno in campagna elettorale, tutti partano dalla stessa linea. Altrimenti, molto semplicemente, la corsa è truccata». Mentre il segretario del Pdci Oliviero Diliberto taglia corto: «Sulla par condicio il presidente del Consiglio cerca il colpo di mano dopo quello sulla legge elettorale. Una vergogna».

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