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Parte la crociata di D'Alema «Non privatizziamo la politica»

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E ancora: «Sì alla lotta agli sprechi e al contenimento dei costi della politica, ma no, invece, alla demagogia. La democrazia ha sempre avuto un costo alto, ma questo però, caro D'Alema, non è dovuto solo agli stipendi dei politici (che vanno ridotti perché troppo alti) ma anche alla proliferazione delle commissioni regionali e alla moltiplicazione esagerata delle province con conseguente aumento di prefetture, uffici e questure. Per non parlare poi dei finanziamenti a pioggia ai giornali di partito...». Il presidente della Camera Casini prende di petto il presidente dei Ds Massimo D'Alema, che replica stizzito rilanciando sul finanziamento pubblico ai partiti: «Se non vogliamo che la politica sia lasciata ai ricchi, con una sorta di darwinismo sociale» e «se non vogliamo arrivare al modello americano dove i due partiti che si affrontano sono in realtà due blocchi di interesse, serve una nuova centralità del finanziamento pubblico, come garanzia di accesso alla politica. Altrimenti andiamo verso la privatizzazione della politica». Insomma, per il presidente dei Ds i soldi per i partiti li devono tirare fuori sempre i cittadini. Si parla di soldi e politica alla stampa estera in occasione della presentazione del libro firmato dai diessini Cesare Salvi e Massimo Villone: «Il costo della democrazia», edito da Mondadori. E il dibattito, cui partecipa ma più discretamente, il senatore della Margherita Nicola Mancino, si trasforma in un duello Casini-D'Alema. Un duro botta e risposta sulla trasparenza dei finanziamenti e sulla campagna elettorale. È Casini ad iniziare stuzzicando D'Alema sull'eventualità del suo futuro come presidente della Camera: «I presidenti passano, può darsi che per il nuovo presidente non ci si debba allontanare di molto da questo tavolo...». D'Alema non srride affatto. Già sogna infatti di diventare vicepremier e di piazzarsi alla Farnesina. Il presidente della Camera insiste anche su quella che è la crisi attuale dei partiti, sul trasformismo continuo, soprattutto a sinistra: «Nessuno è nostalgico dello scontro ideologico del passato, ma ora c'è in politica un pragmatismo senza ideali e il continuo passaggio da una coalizione all'altra è prova di questo». Poi il duello si sposta sulla legge elettorale. «Quando si dice che il premio di maggioranza alla Camera non è sufficiente, si dice una cosa non vera, perchè, a mio parere, è sufficiente -doce Casini - Il vero problema è che le coalizioni sono così tanto eterogenee da aver bisogno per governare di 200 parlamentari di scarto». Nel mirino c'è la frammentarietà del centrosinistra, che secondo il presidente della Camera non vorrebbe il proporzionale soltanto perché è in difficoltà. D'Alema infatti è di parere opposto e rilancia il bipolarismo: «Dobbiamo costruire una grande forza nel centrosinistra e una grande forza moderata nel centrodestra». E sottolinea che «dopo dodici anni durante i quali abbiamo teorizzato che i partiti erano il male assoluto oggi dobbiamo prendere atto del fatto che la democrazia senza partiti è più debole». Poi ricambia la spallata iniziale di Casini affermando che «con la proporzionale aumenta il conflitto tra i partiti....Il centrodestra ha già tre candidati premier e siamo solo all'inizio...» aggiunge infine con una battuta sulla querelle della leadership. Pronta la replica di Casini, che lo invita non scaricare su questa riforma i problemi dei partiti, della politica». E si dichiara in disaccordo con chi sostiene che «quello delle preferenze sia un sistema corruttivo». «Io ho già detto - spiega - che se un uomo politico è un ladro e si vuole arricchire, anche senza preferenze troverà un modo per farlo. Il problema è di etica personale. L'importante - conclude - è che si prendano i soldi alla luce del sole, e non sotto il tavolo».

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