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Dagli alleati arriva un coro di no: «È simonia politica»

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Tra l'accusa di fare «proposte indecenti» e quella di «simonia politica», la richiesta di un contributo di 60 mila euro per i candidati nelle liste proporzionali bloccate, ai colleghi di Fassino & Co. appare proprio «una sciocchezza». Per il prodiano della Margherita Mario Lettieri quella di Sposetti «È una proposta indecente, che rinnega la tradizione del grande partito comunista italiano, in base alla quale i candidati venivano scelti per le capacità, per l'impegno, per la serietà e l'onestà, e non per il censo. Il fatto di pensare a una forma di contribuzione preventiva, lo ritengo semplicemente vergognoso e offensivo». Meno duro il capogruppo della Margherita a Montecitorio Pierluigi Castagnetti che, pur dichiarandosi contrario «alle quote di accesso alle liste» non esclude che «a elezione avvenuta, i parlamentari eletti che non hanno partecipato al finanziamento della campagna elettorale di lista, rimborsino il partito della quota che a loro compete». Grida alla «simonia politica» il leader dell'Udeur e vicepresidente della Camera Clemente Matella. «L'indulgenza istituzionale e parlamentare - dice - è concessa secondo il reddito, per cui chi non ce l'ha è fregato. Quindi ritorniamo agli inizi del Novecento. Il censo è alla base della possibilità di entrare in Parlamento. È una cosa che fa violenza al buon senso e alla dignità delle istituzioni». Per Armando Cossutta, presidente del Pdci, il problema riguarda soprattutto i partiti più grandi: «Noi eleggiamo solo qualche deputato, a fronte di una lista composta da 30 candidati. Probabilmente Sposetti ha le sue ragioni per proporre il contributo preventivo, nel quadro di una lista che eleggerà molti parlamentari, ma per noi non è pensabile. In più, i nostri candidati, che spesso sono operai e persone tutt'altro che ricche, in molti casi non avrebbero i soldi loro richiesti». Anche Ramon Mantovani di Rifondazione comunista se ne lava le mani: «Noi del Prc abbiamo il nostro sistema di contributi alle spese elettorali. Per quello che mi riguarda, gli altri facciano come vogliono. Sono affari loro». E Paolo Cento non è da meno: «È un dibattito che non ci riguarda. Ogni partito è sovrano nel decidere con quali regole fare le candidature. Noi eletti Verdi contribuiamo già da tempo, come peraltro altre forze politiche, alle spese della campagna elettorale. Di certo, il discrimine per essere candidato, non può essere quello dei soldi, perchè il posto in lista non si compra, ma si conquista con l'iniziativa politica».

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