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«Lasceremo l'Iraq entro il 2006»

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Ad annunciarlo è il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a Tunisi per incontrare il presidente Ben Ali. Per il premier «la posizione del governo è sempre la stessa per quanto riguarda la situazione irachena. Non abbiamo partecipato alla guerra; siamo intervenuti in una missione di pace con un contingente di pace a seguito della risoluzione dell'Onu che ha invitato i Paesi ad inviare contingenti per dare aiuto ai popoli e assicurare l'ordine pubblico in modo da creare le condizioni per l'instaurazione della democrazia. Lo abbiamo fatto con 34 Paesi» che ora «sono 29». L'Italia, rimarca quindi il Cavaliere, è «il terzo Paese con numero di presenze» ridotta del 10% nelle scorse settimane e «abbiamo in programma una riduzione che si attuerà via via che il governo iracheno disporrà di proprie forze dell'ordine in modo da sostituire i nostri militari nelle loro funzioni». Il ministro della Difesa, Antonio Martino, incontrando il suo collega Usa Donald Rumsfeld, ha detto: «Tempi e modi della progressiva riduzione delle forze in Iraq saranno delineati entro il prossimo gennaio 2006». «Il graduale rientro dei soldati - assicura Martino - non comporterà comunque una rinuncia italiana agli impegni presi con gli alleati e con il Governo iracheno». Quindi ha spiegato che i sommergibili americani di Santo Stefano, La Maddalena, saranno trasferiti fuori dal territorio nazionale della Base, «secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti». E il sottosegretario alla Difesa, Filippo Berselli, ha ieri precisato: «Dopo il primo semestre del 2006» la missione italiana in Iraq «potrebbe concludersi» perché «l'iter di addestramento delle forze armate e di polizia irachene da parte dei militari italiani procede regolarmente ed è ormai molto vicino alla conclusione», ha annunciato il sottosegretario. A Nassiriya, Berselli ha incontrato il governatore della provincia di Dhi Qar, Aziz Kadum Aluan Al-Oghely: «Non mi meraviglierei - ha osservato l'esponente italiano - se tra il 1° luglio e la fine dell'anno prossimo concludessimo definitivamente la missione "Antica Babilonia"». È stato lo stesso Al-Oghely a chiedere di incontrare l'esponente del governo, giunto al quartier generale italiano di Camp Mittica per una visita al contingente guidato dal generale Roberto Ranucci, comandante della brigata Ariete. Il governatore della cittadina irachena, comunque, «ha ribadito la propria raccomandazione a non abbandonare l'Iraq, sostenendo la necessità di un adeguato sostegno tecnico e logistico anche dopo la partenza dell'ultimo militare italiano da Nassiriya». Il timore di Al-Oghely «è che, con la partenza dell'ultimo soldato, l'Italia finisca per disinteressarsi di questa regione», ha spiegato Berselli. Da parte dell'opposizione, dopo l'annuncio del premier Silvio Berlusconi arrivano naturalmente commenti di segno opposto. Per il responsabile Esteri del Pdci, Iacopo Venier, «le truppe italiane in Iraq sono truppe di occupazione e la scelta del governo Berlusconi è stata quella di violare la nostra Costituzione per portare l'Italia in una guerra coloniale per conto di Bush. Gli iracheni non ci vogliono, il 94% chiede l'immediata liberazione del proprio Paese dagli occupanti, come dicono i sondaggi organizzati dalle stesse autorità militari americane. Il problema non è ciò che dice Berlusconi sul ritiro, dato che Berlusconi non sarà più presidente del Consiglio nel 2006, ma l'impegno che prende il centrosinistra con il popolo italiano: il giorno dopo la vittoria, le truppe italiane devono tornare a casa, ritirandosi dall'Iraq e dall'Afghanistan».

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