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«Ero un uomo finito Poi l'ho conosciuto»

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...».Si ammutolisce Fabio Capello. China il volto in avanti, a nascondere le lacrime. In sala scatta l'applauso. Sono venuti qui per sentire lui, l'allenatore della Juventus. Ma anche l'ex allenatore del Milan, dei mille successi. E della Roma. Già, la Roma. Quando la coordinatrice del dibattito, Irene Pivetti, chiede ai giovani in platea se hanno domande da fare, parte la gara all'urlo più forte: «Torna al Milan», «Perché non gioca Del Piero?», «Vieni all'Inter!», «Sì, all'Inter!». Lui sorride e fa finta di nulla. Poi qualcuno grida: «Torna a Roma». Capello s'irrigidisce, afferra il microfono e zittisce tutti: «Ecco, una cosa la voglio dire». Silenzio. «Roma - riprende - è il posto più difficile ed esaltante dove lavorare, perché il modo di approcciare a tutte le cose da parte dei romani è molto particolare: ci si esalta e ci si deprime in un attimo. Per capire l'Italia, bisogna prima capire Roma». E via, un sospiro e chiude il microfono. Quel peso sullo stomaco è tolto. Prima di quel momento, Capello parla per una dozzina di minuti. Scherza e ride. Gli scappa la lacrimuccia sulla bandiera nazionale e confessa: «Sapete, vengo dal Friuli. Quando avevo 7 anni si diceva che Tito stava per invaderci». Sfotte il conduttore Andrea Pezzi, che era intervenuto prima di lui e aveva detto come aveva rinunciato a un contratto de La7 per sei miliardi di lire in tre anni: «Andrea, sei il Tommasi della situazione: ti sei messo al minimo stipendio pur di giocare». Batte le mani a Manuela Di Centa: «Hai ragione, le medaglie non vanno esposte, le vittorie si portano dentro». E prende in giro Andrea Spingardi, dg Sviluppo Italia che se l'era presa coi rappresentanti dei lavoratori, e svela: «Anche io ho fatto il sindacalista alla Juve, l'anno dopo m'hanno mandato via». E si scioglie quando pensa a Berlusconi, anche se non lo nomina: «A 34 anni ero finito, poi ho avuto la fortuna di conoscere il Presidente. Mi ha fatto lui». Applausi, poi ammette: «La cosa più difficile del mio lavoro è fare il gestore dei giocatori: c'è chi a 22 anni ha già guadagnato tanto e si crede chissà chi». E chissà a chi si riferisce. F.D.O.

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