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Unione, la nuova Babele

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Con quei quattro milioni di voti alle primarie voleva dire ai suoi leader: state uniti e fate fuori Berlusconi, Prodi è l'uomo che ce la può fare. Sono passate due settimane e lo spettacolo che i dirigenti della sinistra hanno offerto ai loro elettori sembra tutt'altro. Quella che doveva essere una coalizione rafforzata, con un popolo pronto a uscire di casa e stare in fila anche ore per investire il suo leader, si è trasformata in una torre di Babele in cui ciascuno parla la sua lingua. E i quattro milioni delle primarie sono diventati un argomento buono per la retorica dei comizi in tv. La realtà dei palazzi della politica è un'altra cosa. La leadership di Prodi a questo punto doveva essere fortissima. Ma invece il Professore rischia di consumare il suo vantaggio già prima delle elezioni, anche solo per trovare un sistema per presentarsi. Prodi di fatto non ha un partito. Un bel problema con la nuova legge elettorale. Dopo varie ipotesi sembra si vada a una lista unica - con Romano capolista - di Ds e Margherita (prima si parlava del Senato oggi è più probabile alla Camera). Non è stato facile arrivare a questa soluzione e chissà se sarà quella definitiva. E ora il Professore è di nuovo in esame: lui scommette che i partiti prenderanno meno dei voti della coalizione (con uno scarto quindi del centrosinistra tra Camera e Senato), e da quello deriverebbe la sua forza. Ma se non andasse così? Gli altri leader glielo farebbero senz'altro pesare. Certo è che di quei quattro milioni sembra non si preoccupi più nessuno. Altrimenti non si capirebbe il senso del surrealista dibattito sul partito democratico. Che è tutto un balletto di nomi e dichiarazioni che ai più appare davvero lunare. Rutelli, che dopo il gran rifiuto alla lista unitaria del maggio scorso, ci ripensa ma vuole porre le sue condizioni: ok al partito unico, ma non lo dovete chiamare il «partito di Prodi». I Ds si dividono sulla proposta di partito democratico sponsorizzata da Arturo Parisi e Giuliano Amato. Per Fassino il problema è non lasciare l'intenazionale socialista, ma forse è una scusa per non rompere con quelli che da destra (Caldarola e Macaluso) e da sinistra (Salvi e Mussi) non vedono con entusiasmo la rinuncia al simbolo e alla loro storia. Ma poi c'è già chi si sente più «democratico» di tutti. D'Alema che dice «avete visto Clinton ha invitato me e non Rutelli alla riunione dei partiti democratici». E i quattro milioni? Dimenticati. Secondo il costituzionalista Giovanni Sartori «il vero fattore mobilitante delle primarie è stato Berlusconi e non Prodi». E allora il centrosinistra dovrebbe spingere su questo tasto per galvanizzare il suo popolo. Invece no. Certo, Prodi continua a dire che «le riforme di Berlusconi vanno tutte mandate in soffitta» ma i più non lo seguono. Fassino è cauto però non tutto è da buttare, D'Alema è netto: «Non credo che, per i prossimi cinque anni, dobbiamo stare lì a cancellare tutto quello che ha fatto il centrodestra». E Rutelli non se la sente di garantire neppure l'addio al propozionale perché «non avremo una maggioranza in Parlamento per riproporre il maggioritario». I quattro milioni chiedevano l'alternanza e il bipolarismo. E invece si ritrovano Mastella. Il segretario dell'Udeur fa la spola da sinistra e destra e non si capisce se alla fine sarà lui ad essere inglobato nell'Udc o se riuscirà a portare a sinistra almeno un pezzo del partito allo sbando dopo le dimissioni di Follini. E c'è pure Boselli. Il segretario dello Sdi, per guadagnare qualche voto, sembra sia disposto a rinunciare ai cattolici. Chiede a Prodi di abolire il Concordato. E il Professore deve correre a chiarire: nel programma dell'Unione questa ipotesi «non è all'ordine del giorno». Quei quatro milioni chiedevano unità. Sembra una richiesta assurda. La riprova è il caso Bologna, che tutti cercano di ridimensionare a vicenda locale. Ma a nessuno sfugge che sia il frutto amaro delle tante anime del centrosinitra. Prodi dovrà essere politico molto più astuto di

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