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Ulivo, Prodi sfascia subito il centrosinistra

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Il Professore emargina i partiti che si ribellano. Crede di aver vinto le elezioni e annuncia: «Tasseremo i Bot»

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Prodi e il suo alter ego Arturo Parisi non vedono altro che l'Ulivo nel futuro dell'Unione. Anzi di più. Ora Prodi chiede anche l'election day, ovvero l'accorpamento in un decreto di tutte le elezioni al 9 aprile. Il Professore ieri da Vespa ha però escluso l'ipotesi di una Lista Prodi e di liste solo al Senato. Poi ha sostenuto che sarebbe necessario «tassare i bot sopra una certa rendita». «Non penso a una lista Prodi, penso all'Ulivo; credo che dobbiamo presentarci di nuovo con questo progetto per unire riforma socialista, cattolica e liberale». Ha detto in Tv togliendo ogni dubbio a chi magari pensava fosse una forzatura di Parisi, il panzer ulivista che pare stia meditando lo scioglimento della Margherita per affossare completamente Rutelli. Il trionfo personale del Professore, nel day after della sbornia-primarie, si trasforma in un boomerang per tutti gli altri. Quel Prodi al 74,1% è troppo non solo per Bertinotti (giunto al 14,7%) e Rutelli ma pure per Fassino, che sognava di fare dei Ds il primo partito del paese. E ora si vede invece condannato a fare da comprimario. Ingenuamente tutti i leader dell'Unione hanno sottovalutato gli obiettivi veri di Prodi e dei suoi luogotenenti. Appena incoronato, (solo le briciole sono andate agli altri: a Mastella 4,6%, Di Pietro il 3,3%, Pecoraro Scanio 2,2%, Scalfarotto 0,6% e a Simona Panzino 0,5%) infatti, Prodi ha subito agitato lo scettro e dettato la sua legge: «O si fa come dico io o corro da solo e vi frego tutti». Questo il succo del Prodi-pensiero che ha subito scatenato la ressa e sfranto quel centrosinistra che resta unito solamente quando si parla del «nemico» Berlusconi. E così ieri il dialogo è stato impossibile sull'argomento che è rovente per Rutelli che non potrebbe mai tornare sui suoi passi dopo aver «rotto» l'alleanza già una volta sullo stesso tema. Ma lo è anche per Boselli che vuole fare la sua lista con i Radicali, mentre per Bertinotti è proprio argomento tabu. I Ds dal canto loro fingono di essere d'accordo (in parte) ma si sentirebbero defraudati della propria identità nel restaurare quell'Ulivo che sembrava ormai seppellito. Insomma, Prodi ora ha tantissimi elettori del centrosinistra dalla sua, ma ha contro tutti i partiti, o quasi. Quanto al programma, dalla Tv ricorda che «dopo le primarie la responsabilità della sintesi è mia». «È una regola riconosciuta esplicitamente», afferma Prodi, durante Porta a Porta e aggiunge: «Il criterio della decisione è quello di maggioranza. Quindi io avrò la responsabilità di coordinarlo e pesarlo». Insomma, quello che alcuni nella Margherita paventavano l'altra notte e cioè che «appena avuta l'investitura si metterà a fare il dittatore», è accaduto. E infatti dice subito «no» alla tassa patrimoniale che vuole Bertinotti: «Ho detto che la patrimoniale non si fa, non sarà nel programma». In compenso ribadisce che «non esiste nessun'altra via che la lista unitaria in questo momento». Il no dello Sdi è grande come una casa. «Si tratta di una scorciatoia elettorale» dice il leader socialista Enrico Boselli. «Abbiamo l'esigenza - replica Prodi- di creare una federazione forte in modo che si possa avere un gruppo parlamentare coeso, che sia un punto di riferimento per un'azione di governo vigorosa». Poi però non si sbilancia sull'eventualità che una delle quattro forze costituenti si possa sfilare, ostacolando il progetto. Ma si capisce subito che è proprio la Margherita di Rutelli. «Parisi se ne è già dimenticato, ma intanto dobbiamo ringraziare i 4 milioni e 200mila italiani che sono andati a votare. Sarebbe un grave errore - sottolinea il Dl Giuseppe Fioroni - se ci fosse qualche Pierino, che invece di cogliere la verà volontà degli italiani, che è quella di mandare a casa Berlusconi tentasse di riproporre di nuovo un meccanismo contro il ruolo dei partiti». Giu.Cer.

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