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Berlusconi: «Abbiamo la vittoria in tasca»

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Il Cavaliere carica i ministri: «L'importante ora è restare uniti su devolution e legge elettorale»

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«Un Silvio alla Lapo» commenta con cattivo gusto qualcuno a Palazzo Chigi. Ma di certo, quello che è apparso in consiglio dei ministri ieri, gli altri esponenti non lo vedevano così carico da molto tempo. Forse dall'inizio della legislatura. Non potrebbe essere altrimenti. All'improvviso tutto gli gira per il verso giusto. Appena una settimana fa si dava per scontato l'affossamento della legge elettorale, bastava parlare con qualche peones della maggioranza che tutti rispondevano in coro: «Non s'è mai visto un tacchino che si tuffa nella pentola bollente per farsi cucinare». Il Cavaliere c'è riuscito. E l'hanno pure applaudito. Il centrosinistra è di nuovo alle prese con le sue divisioni, anche se un vecchio amico del premier come Maurizio Gasparri, confessa: «Se ne fanno un'altra delle loro, un errore, chessò s'incartano, per noi è fatta». Berlusconi in verità non pensa che sia necessario qualche scivolone dell'altra parte. «Abbiamo già la vittoria in tasca», esordisce entrando nella sala del Consiglio dei ministri. E spiega: «In questi ultimi tempi siamo stati compatti, uniti. Se restiamo così nessuno ci può fermare alle prossime elezioni». Passa qualche istante e lancia subito l'avvertimento: «Dopo la legge elettorale, non ci dobbiamo dividere per nessun motivo. Nel governo, alla Camera, al Senato e già a cominciare dalla devolution. Sarà il nostro banco di prova, se continuiamo a marciare così vinceremo senza troppe difficoltà». Già, le devolution. Affiorano le perplessità dei centristi. Follini è sempre in agguato. Ma i ministri centristi assicurano che non ci saranno debacle tra le loro fila, c'è un impegno concreto e personale di Casini a votare la riforma che è tanto cara a Bossi. Ma Berlusconi ci tiene anche a raccomandare a tutti la massima attenzione in vista della prossima Finanziaria: «È necessario che continuiamo a lavorare tutti assieme». «Tutti assieme», «uniti», «compatti» sono le parole, i concetti che il capo del governo ripete quasi ossessivamente. Perché convinto che solo senza divisioni è possibile ottenere un successo nella prossima campagna elettorale. Tanto che invita tutti a trasmettere anche all'esterno l'immagine di compattezza evitando polemiche sui giornali e sui media. Il Cavaliere, anche se non lo dirà, è rimasto anche impressionato dalla trasmissione della sera prima di Anna La Rosa su RaiDue dedicata alle primarie del centrosinistra e diventata una rissa. Berlusconi che nel fondo resta un uomo tv, sa che l'effetto è deflagrante: se i telespettatori a quell'ora erano poco più di un milione, i contatti nel momento del wrestling tv saranno stati tre o quattro. Su un canale, per giunta, visto dai giovani e con un pubblico poco politicizzato. Insomma, un disastro per Prodi. Il Cavaliere è dunque in una giornata ok. E così, appena finito il consiglio dei ministri, chiama ben cinque ministri e li conduce in sala stampa. Davanti ai giornalisti, uno a uno si siedono a fianco al premier e come studenti vengono interrogati sulla lezione del giorno: il provvedimento che hanno appena approvato. E così, per un'ora e un quarto, sfilano Francesco Storace sui provvedimento contro l'influenza aviaria, Letizia Moratti sull'ultima parte della riforma della scuola, Gianni Alemanno sullo zucchero, Giulio Tremonti sulla manovrina correttiva e Giorgio La Malfa sull'agenda di Lisbona. Alla fine degli interventi, il premier prende la parola e dice: «Ecco, vedete che sono infondate le accuse che arrivano dall'opposizione, e non solo. Il mio è un governo in pienissima attività. Da questa veloce conferenza stampa vedete - dice guardando compiaciuto negli occhi i giornalisti - come siano infondate le accuse di un governo che non lavora». E quindi prepara una stilettata a Prodi: «Ieri sera ho visto una conferenza stampa in cui ad una domanda sulle infrastrutture Prodi diceva che non abbiamo fatto nulla. Non capisco proprio come si faccia a negare la realtà» insiste il Cavaliere citando come esempio di grandi opere pubbliche del suo governo i

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