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Risparmio, il Senato approva la riforma

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Il Ddl è passato con una larga maggioranza. Ora deve tornare alla Camera per la terza lettura

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Il Ddl ora torna alla Camera per la terza lettura parlamentare con alcune fondamentali novità, maturate nel vivo degli scandali e delle polemiche che hanno investito la Banca d'Italia. La struttura e i poteri della banca centrale, modificati nel passaggio del provvedimento in Senato, si sono così confermati come il clou del ddl che pure tocca molti altri aspetti rilevanti, dalle regole di governance societaria, alla normativa sul falso in bilancio. La palla torna ora alla Camera, dove nel primo passaggio parlamentare fu combattuta un'aspra battaglia sul mandato a termine del governatore e sui poteri di vigilanza sulla concorrenza bancaria. Superata la questione del mandato a termine, introdotto con l'emendamento del governo, si riproporrà il tema della vigilanza. Sempre in tema di banche, la Camera potrebbe voler intervenire anche su un'altra novità introdotta da Palazzo Madama, il tetto del 30% del possesso azionario per il diritto di voto delle fondazioni nelle assemblee delle banche. Una norma che non piace all'opposizione ma neanche ad una parte della maggioranza. A indicare esplicitamente l'orientamento a cambiarla è stato Luca Volontè, capogruppo Udc a Montecitorio. Alla Camera gli orientamenti sui poteri di Bankitalia sono più frastagliati e trasversali che in Senato, dove è presente la maggior parte di quella che viene definita la pattuglia parlamentare «fazista». Basti ricordare l'impegno del presidente della commissione Attività produttive Bruno Tabacci (Udc) che ha già annunciato l'intenzione di ripresentare l'emendamento sul trasferimento dei poteri di controllo sulla concorrenza all'Antitrust. I deputati, quando a novembre il provvedimento tornerà a Montecitorio, potranno riproporre questo emendamento, anche se già bocciato in prima lettura, perché il testo del provvedimento è stato modificato in Senato con l'emendamento del governo che riforma la Banca d'Italia. È però evidente che una correzione del testo, comportando una quarta lettura in Senato, metterebbe a serio rischio la possibilità di approvare la riforma entro la legislatura. Da qui l'auspicio di alcuni esponenti della maggioranza di Palazzo Madama che il governo ponga la fiducia alla Camera per la terza lettura. Eventualità che sembra poco probabile, visto l'orientamento espresso dal governo. Il sottosegretario all'Economia Maria Teresa Armosino, che in Senato si è rimessa all'Aula a proposito degli emendamenti sulla concorrenza, ha già detto che della questione si riparlerà alla Camera. Anche se, fanno notare fonti della maggioranza, tutto dipenderà da come andranno sviluppandosi i rapporti nella Cdl, in relazione ai provvedimenti votati in queste settimane, dalla legge elettorale alla devolution. Per quanto riguarda il testo uscito oggi dal Senato, il capogruppo Ds Gavino Angius lo considera una «non riforma», soprattutto per quel riguarda Bankitalia. Secondo Angius, «il rapporto tra il governo e l'attuale governatore è stato ed è all'insegna dell'ambiguità». Anche per il capogruppo Dl Willer Bordon «ancora una volta questo governo ha perso un'occasione importante, anzi due: una vera riforma per Bankitalia e una tutela totale e incondizionata di tutti i risparmiatori». Secondo Luigi Grillo (Fi), la riforma è «la dimostrazione dell'equilibrio del Senato e della sua capacità di pervenire a soluzioni efficaci, che rispondono a problemi concreti e diffusamente avvertiti. Aver voluto a sua tempo indugiare in una campagna, virulenta, dissennata, contro la Banca d'Italia — afferma Grillo — ha finito con il costituire un ostacolo allo stesso lavoro parlamentare. Ma il Senato ha mostrato tutta la sua autonomia e la sua autorevolezza».

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