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Follini ci riprova, l'Udc non lo segue

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Nei centristi rispunta l'anima «casiniana»: si va avanti sul proporzionale. Presentati gli emendamenti

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Il partito non lo segue. Quello che si è consumato nella riunione del gruppo dell'Udc di ieri è forse uno strappetto. Ricucibile, certo. Ma pur sempre uno strappetto. Marco Follini si presenta all'incontro con i suoi deputati e senatori e trasforma il summit in una prima verifica interna dopo gli scontri e le divisioni. Il segretario del partito di via Due Macelli vuole capire se i suoi sono ancora con lui, se sono pronti a seguirlo nella sua linea. Che è riassumibile in una parola: rottura. Rottura con Berlusconi, s'intende. O se invece i parlamentari sono con Pier Ferdinando Casini, che ha siglato una tregua con il Cavaliere e non intende spaccare la Cdl. Dopo un breve panegirico sull'identità del partito, Follini attacca subito: «È arrivata l'ora di dire basta alle leggi ad personam. E adesso la Camera si appresta ad affrontare anche la "salva Previti" (o la ex Cirielli, ndr). Avrei voluto parlare oggi di come ci trattato i giornali, e invece eccoci a parlare ancora di provvedimenti che non abbiamo chiesto». E va avanti su questa linea, seguito di fatto solo da Bruno Tabacci. Dopo circa dieci minuti arriva il primo vero strappo. E non è con Berlusconi. Ma dell'Udc con il suo segretario. A parlare è il ministro della Funzione Pubblica, Mario Baccini, che rompe gli indugi e attacca a muso duro Follini: «No, guarda Marco, la priorità è del nostro partito è la legge proporzionale, fa parte del nostro Dna». Il messaggio è chiaro: andiamo avanti con la riforma elettorale come vuole Casini. «Caro Marco - aggiunge il ministro - sono d'accordo con te nel rivendicare la nostra autonomia da Berlusconi, ma è il proporzionale lo strumento migliore per ottenerla. Poi, si vinca o si perda, il sistema politico cambia per sempre». Insomma, lo stop è chiaro. Come è chiaro a tutti i presenti che l'esponente del governo non sta parlando solo per conto suo, ma è stato mandato a dire. È stato spedito da qualcun altro che non c'è. O almeno è abbastanza evidente che Baccini parla con l'avallo del presidente della Camera. E non è un caso che subito dopo di lui, parlano gli altri sullo stesso solco. Si risveglia l'ala casiniana del partito, che tutto sommato è l'anima stessa dell'Udc. Follini capisce subito che aria tira. E infatti nella sua replica smorza i toni, ammorbisce le linee. E soprattutto non chiude proprio sulla riforma elettorale. «Tenere assieme nello stesso partito persone con idee tanto diverse - spiega il segretario - potrebbe sembrare impossibile ma è un segnale di grande ricchezza». È un passo indietro che il segretario è costretto a fare anche perché lunedì prossimo se la dovrà vedere con la direzione del partito. Il leader pensa di andare allo scontro armato. All'uscita lo stesso Follini usa termini più soft: «Abbiamo il dovere di concorrere a un finale di legislatura il più costruttivo possibile. La mia idea è che tutti gli argomenti meritano attenzione, ma una grande attenzione va destinata all'obiettivo di ridurre al minimo le controversie e a togliere di mezzo gli argomenti più discutibili e meno prioritari». Frasi che hanno una doppia valenza: meno controversie con l'Unione (quindi stop alla legge elettorale) e meno controversie dentro la Cdl (dunque quasi pace con Berlusconi). Di certo, Mario Landolfi (An), suo antico amico, preferisce leggere solo la seconda parte e dice: «Sono perfettamente d'accordo, è ora di chiudere le polemiche e lavorare sodo in questi mesi per arrivare in piena sintonia all'appuntamento elettorale». Quale delle due versioni avrà maggior peso lo si capirà dai voti di fiducia previsti oggi. Ma il vero banco di prova saranno i possibili franchi tiratori in occasione della riforma elettorale. Ieri però l'Udc ha presentato gli emendamenti alla riforma elettorale riproponendo le preferenze. Forse c'è anche una schiarita in via Due Macelli.

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